Uccisa a coltellate
dall'immigrato
in cura

di Giuseppe Spatola
I Carabinieri hanno eseguito i rilievi all’interno dell’appartamento del delitto SERVIZIO FOTOLIVE
I Carabinieri hanno eseguito i rilievi all’interno dell’appartamento del delitto SERVIZIO FOTOLIVE
Omicidio cascina Clarabella. FOTOLIVE

Quando gli agenti della Polizia Locale di Iseo gli hanno intimato l’alt ha timidamente alzato le braccia in segno di resa. Davanti agli occhi le canne cariche di piombo a mirare il petto ancora maculato del sangue non suo. Dietro le spalle diecimila passi messi tra lui e la tragedia, infilati uno dopo l’altro da via delle Polle lungo la Colombera, facendosi largo tra le torbiere gelate fino alla periferia di Iseo. Abderrhaim El Moukhtari, operaio 53 anni di origini marocchine ma in Italia da oltre 20 anni, non ha opposto resistenza consegnandosi agli agenti della Locale per l’omicidio di Nadia Pulvirenti, 25 anni. Occhi appiccicati al selciato, barba ruvida di chi sa di aver perso il sonno e voce azzittita forse dal rimorso più cupo.

Agli agenti non è rimasto che spingerlo di forza sul cofano, stringendo le manette così forte da far mancare il sangue a quelle mani che, poco prima, avevano brandito furiosamente il coltello per uccidere.

Fendenti sferrati alla cieca. Colpi all’addome, al ventre, alle braccia, alle gambe di quella che lui stesso chiamava «angelo». Un attimo e la struttura protetta «Clarabella», annegata tra l’immobilità dei vigneti che increspano l’ultimo specchio gelido di lago, ha conosciuto la follia che solitamente riesce a sopire solo con le sue cure. Nadia Pulvirenti lavorava da due anni come Terapista delle riabilitazione psichiatrica.

El Moukhtari soffriva da tempo di turbe ed era seguito proprio dalla giovane che ha trucidato. In cura da cinque anni, l’uomo però non aveva mai dimostrato particolari segni di aggressività e violenza, proseguendo senza eccessivi problemi nel suo percorso di recupero. La via della riabilitazione prevedeva incontri settimanali con Nadia e le sue colleghe nell’appartamento di «residenzialità leggera» che divideva con un coinquilino. Così anche ieri mattina Nadia, intorno alle undici, ha bussato alla porta del suo paziente senza immaginare che avrebbe visto la paura riflessa sulla lucida lama di un coltello da cucina.

Forse un diverbio, un rimprovero da parte della ragazza relativo alla terapia seguita: non è chiaro cosa abbia portato il marocchino ad accanirsi su Nadia, che aveva studiato a Verona e si era laureata nel 2014. Uno, due, tre, dieci fendenti fino al silenzio, epilogo straziante alle urla disperate della ragazza.

IL RESTO È STORIA, con l’elicottero del 118 atterrato per cercare un miracolo impossibile e El Moukhtari in fuga per i campi con il coltello insanguinato quasi in tranche. Neppure davanti ai carabinieri di Chiari e di Brescia, coordinati nelle indagini dal pm di turno, Erika Battaglia, l’aggressore è riuscito a spiegare il perchè di quella follia. In caserma ha farfugliato qualcosa mischiando arabo e italiano prima di essere arrestato con l’accusa di omicidio aggravato dalla crudeltà. «Chiederò scusa a Nadia - ha accennato l’uomo prima di essere inghiottito dal carcere -. Non si picchiamo le donne...». Scuse tardive che Nadia non potrà mai accettare. Giuseppe.spatola@bresciaoggi.it

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