VALCAMONICA

Breno, Mendeni e l’arte di provocare: «Il mio Pistolotto è stato censurato»

di Alessandra Troncana
Il fallo luminoso in risposta al Terzo Paradiso di Pistoletto rimosso dal bosco camuno: "Tanto rumore per nulla"
Mendeni opera
Mendeni opera
Mendeni opera
Mendeni opera

Il Terzo, ennesimo, infinito, Paradiso di Pistoletto gli ha provocato un’erezione concettuale. La notte in cui il transavanguardista illuminava d’immenso Montisola con sassi, lampadine e corde riciclate, davanti alla cascata di Breno è apparso un monolito fallico: il Pistolotto. «Cinque metri di puro piacere» (cit.) subito censurati dal Comune: la mastodontica verga è stata infatti castrata qualche ora dopo la sua installazione.

L'anticonformista

L’autore dell’opera e artista per auto-definizione - «ci sono insulti peggiori» - Stefano Mendeni considera il suo pene di neon una provocazione «cazzuta» al maestro. Quella di Pistoletto è «un’operazione noiosa». E le ballerine luminose di Angelo Bonello, accese sul lago insieme al Terzo Paradiso, sono «stereotipi femminili: quattro luoghi comuni messi insieme». Il Pistolotto, al contrario, è una ribellione ontologica alla società fallocratica, «all’estetica vuota che lascia poco alla gente». E, precisa, non ha allusioni sconcio-pornografiche: è un pene casto.

 

L'artista ispirato

L’ispirazione testicolare, ricorda l’artista, è atavica: «La Valcamonica è piena di c... disegnati sui muri». In ogni caso, il suo membro luminoso è stato installato senza autorizzazione. «Non ho chiesto volutamente il permesso. Altrimenti, il Pistolotto avrebbe perso significato. È un segno precario, temporaneo, che può cambiare posto e accezione. Non era nelle mie intenzioni lasciarlo nel bosco per sempre». Mendeni si è chiesto come e per quale motivo la sua opera fosse stata evirata. Soprattutto, dove l’avessero messa i due operai cui il Comune ha dato mandato di rimuoverla: «Mi spiace siano stati svegliati all’alba di una domenica mattina per far sparire un pene. Vorrei offrire loro da bere». Qualche giorno dopo il sabotaggio, il disseminatore di falli ha spiegato al Comune: «La mia opera suscita ilarità e suggerisce riflessioni; molti artisti indipendenti l’hanno apprezzata».

La censura lo ha infastidito

«Certa gente si agita per poco». Il pene, del resto, è stato citato, studiato, evocato in ogni ambito dello scibile umano: l’antropologia, la letteratura, l’arte, la storia, il cinema, la psicologia. Ha ispirato grattacieli, come il mitologico «cetriolo» di Norman Foster, ed è stato affrescato, disegnato e stilizzato con un pennarello indelebile nelle case patrizie dei romani, sui muri dei templi e su quelli dei gabinetti dell’autogrill. L’artista ha recuperato i pezzi del Pistolotto pochi giorni fa: «Non ha subìto danni». Ora, valuterà se, dove e quando rimontarlo. La provocazione è una routine per il consumato iconoclasta, che ha già profanato la chiesa degli affreschi di Romanino con un semi scandalistico scivolo gonfiabile per bambini. Nonostante questa seconda censura, continuerà ad andare dove il pene lo porta. Alla mostra mercato di Bienno.

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