La pubblicità era
l’«anima» della frode
fiscale da 13 milioni

di Alessandro Romele
Il luogotenente Bruno Gerbini Il comando della Guardia di Finanza di Pisogne ha guidato le indagini
Il luogotenente Bruno Gerbini Il comando della Guardia di Finanza di Pisogne ha guidato le indagini
Il luogotenente Bruno Gerbini Il comando della Guardia di Finanza di Pisogne ha guidato le indagini
Il luogotenente Bruno Gerbini Il comando della Guardia di Finanza di Pisogne ha guidato le indagini

La pubblicità (fantasma) era l’anima della frode fiscale. Attirava clienti da tutto il Nord Italia - ed in modo particolare dalle provincie di Brescia, di Bergamo e di Milano - la società di Marone ufficialmente esperta in martketing promozionale ma nata con l’unico scopo di produrre fatture false. A scoprire il vortice di documenti contabili per operazioni mai realmente portate a termine è stata la Guardia di finanza di Pisogne, guidata del luogotenente Bruno Gerbini.

DAL 2010 AL 2013, secondo l’accusa, la società ha prodotto un cumulo di false fatture per un imponibile pari a 13 milioni di euro. Attraverso l’azienda compiacente di Marone, le altre ditte riuscivano a gonfiare le proprie spese, per diminuire il proprio utile imponibile fiscalmente, e sostanzialmente pagare meno tasse di quanto dovuto.

«DALLE NOSTRE banche dati abbiamo scoperto che la società al centro della frode fiscale non produceva alcuna dichiarazione dei redditi nè di Iva – spiega Bruno Gerbini –: l’agenzia aveva sede in uno stabile dove non c’era assolutamente nulla, nemmeno un macchinario che potesse giustificare almeno il lavoro di stampa di volantini, manifesti o flyer. Da qui, abbiamo iniziato ad approfondire la sua attività, scoprendo che la società in tre anni ha emesso fatture per prestazioni inesistenti per circa 13 milioni di euro, a cui corrispondono imposte sui redditi e un Iva mai versata di oltre tre milioni e mezzo di euro».

Secondo i documenti contabili, l’azienda avrebbe dovuto organizzare campagne pubblicitarie su diversi fronti, in realtà non aveva la minima struttura per portare a termine l’incarico.

«L’INDICAZIONE, come causale, sulle fatture emesse era “prestazioni pubblicitarie”, seguita da un luogo ben identificabile - spiega ancora il comandante delle Fiamme gialle di Pisogne -. Quindi, in tale luogo, si presupponeva la presenza di manifesti, cartelloni, striscioni pubblicitari, a favore delle aziende clienti. Abbiamo contattato tali aziende e abbiamo chiesto di visionare la loro fatturazione: una volta analizzate le prestazioni descritte, abbiamo cercato di capire se fossero vere o meno. Ovviamente abbiamo scoperto un enorme castello di carta. Tutto falso».

QUESTE AZIENDE in sostanza facevano fatturare alla società di Marone - tuttora esistente, pur avendo cessato la sua attività illecita nel 2013 - importi altissimi, nell’ordine anche di centinaia di migliaia di euro, per poter dichiarare falsamente un utile imponibile di molto inferiore rispetto a quello reale e alleggerendo in modo fraudolento la pressione fiscale. L’evasione correlata alle fittizie fatture supera i tre milioni e mezzo di euro tra imposte sui redditi, Irap ed Iva.

Al termine dell’attività di verifica e della conseguente indagine, la Guardia di finanza di Pisogne ha, quindi, denunciato il rappresentante della società alla Procura della repubblica di Brescia per emissione di fatture false ed occultamento delle scritture contabili. Gli accertamenti proseguiranno ora su tutte le aziende che facevano parte del cosmo della frode fiscale che ruotava attorno alla società di Marone.

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