Dopo i cartelli, le polemiche. Furenti e dilaganti come si addice a una scelta che fa discutere. Non solo a Pontoglio, Comune che nel breve volgere di una notte è salito alla ribalta delle cronache nazionali. Un «boom» di popolarità previsto (forse) e prevedibile dopo la scelta di piazzare all’ingresso del centro abitato gli ormai famigerati cartelli con la scritta «Paese a cultura occidentale e di profonda tradizione cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene».
NON TUTTI approvano la delibera dalla Giunta di Alessandro Seghezzi. «Sono alla guida del paese da oltre quattro anni e per la sicurezza non hanno fatto nulla - si lamenta un esercente -: le telecamere non funzionano, quando è buio i vigili spariscono, la caserma dei carabinieri non è finita e spendono i nostri soldi per invitare chi non è cristiano ad andarsene. Se bastasse scrivere ladri e banditi non entrate, probabilmente in tanti avrebbero risolto il problema. Le elezioni sono vicine, la gente è scontenta e questa mattina quelli che in negozio commentavano dicevano che quei soldi potevano essere spesi per segnare i parcheggi o mettere qualche telecamera che funzioni».
Nell’antica chiesa che affianca la parrocchiale due artigiani sul ponteggio per restaurare alcuni affreschi sono invece d’accordo: «Il sindaco ha fatto bene: devono capire che qui siamo cristiani e non vogliamo che arrivino a imporci la loro religione: cosa succederebbe se andassimo in Arabia a costruire una chiesa?».
Davanti al bar si commenta l’articolo su Bresciaoggi: due clienti si schierano con il primo cittadino, altri osservano che sarebbe stato molto più utile sistemare strade e luci. Pierluigi Piantoni, capogruppo della Lega Nord, è più infastidito che plaudente: «Questa maggioranza ha trascurato la sicurezza per cinque anni, si è visto nell’unico Consiglio comunale aperto. Hanno messo i cartelli pensando di rubarci voti».
ANALOGO il giudizio di Augusto Picenni, capogruppo della lista «Per Pontoglio», che si muove in area Pd. «Le elezioni li spaventano: non avendo combinato nulla salvo aumentare le tasse e disastrare il bilancio, provano a giocare la carta della disperazione. Con un cartello non si difendono né cultura, né tradizioni». Su Fb il dibattito è acceso: decine i commenti, diversi favorevoli ma molti critici. Alcuni esercenti intendono chiedere all’associazione locale di esprimersi e sintetizzano con un «vergogna» il giudizio. Damiano Galletti, segretario provinciale della Cgil, definendo i cartelli «un’inutile provocazione», sottolinea «il carattere minaccioso e discriminatorio dell’invito ad andarsene». E annuncia che al Comune sarà presto recapitata una lettera di diffida, preludio a una possibile azione legale. La vicenda è seguita con attenzione anche dalla Prefettura.