Violenza sessuale
«simulata». Il tribunale
ha riaperto il caso

di Paola Buizza
Il giudice ha deciso di approfondire il caso dello stupro simulato
Il giudice ha deciso di approfondire il caso dello stupro simulato
Il giudice ha deciso di approfondire il caso dello stupro simulato
Il giudice ha deciso di approfondire il caso dello stupro simulato

L'esame del dna lo aveva scagionato e dopo aver trascorso 40 giorni in carcere con la grave accusa di aver stuprato una 87enne di Castelcovati, era tornato libero. Il romeno di 32 anni, in attesa di vedere calare per sempre le accuse infamanti, dovrà però attendere l'esito di ulteriori analisi. Nell'udienza per l'opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, infatti, il giudice Luca Tringali, accogliendo le richieste del legale dell'anziana, ha disposto che vengano espletati nuovi accertamenti digitali sulla torcia, il coltello e una bottiglia presenti nell'appartamento della donna la notte della presunta violenza. Secondo la consulenza tecnica presentata nel corso delle indagini le impronte non sarebbero state rilevate nel modo corretto. Da qui la necessità di risposte più precise. Tra le richieste c’era anche quella di un ulteriore test del dna sulle lenzuola, ma il giudice ha disposto che sarà fatto solo se saranno trovate impronte digitali del romeno. Al momento le analisi su 16 pezzetti diversi di tessuto sarebbero sufficienti.

IN AULA, IERI, a rappresentare il romeno c’era l’avvocato Daniele Umberto Tropea che lo assiste assieme al collega Cristian Mongodi. La vicenda torbida della violenza sessuale presenterebbe ancora delle ombre, nonostante un secondo esame del dna abbia individuato in un vicino di casa di 69 anni l'uomo con il quale l'87enne aveva avuto il rapporto intimo consensuale. Secondo la versione dell’anziana, il romeno a notte fonda era entrato in casa sua (nessuna effrazione trovata sulla porta) e dopo aver prelevato dalla cucina un coltello si sarebbe diretto verso la camera da letto facendosi luce con una torcia. Le avrebbe quindi tappato la bocca con la mano e poi, sotto la minaccia del fendente, l'avrebbe costretta al rapporto.

«Mi ha stuprato» aveva poi raccontato ai carabinieri - accompagnata dal 69enne -, facendo nome e cognome del presunto aggressore, anche lui vicino di casa. Le indagini erano state avviate e le tracce di materiale organico sulle mutande e le lenzuola, prelevate. Il romeno intanto era finito in carcere - prima a Brescia, poi a Pavia - con la pesante accusa di violenza sessuale aggravata, lesioni personali e minacce. A scagionarlo era stato il test del dna. Le tracce biologiche ritrovate sull'intimo dell'87enne non erano sue ma appartenevano al 69enne con il quale l'anziana avrebbe avuto una relazione. Il romeno aveva incaricato l’avvocato Mongodi di presentare querela a carico dell'anziana per calunnia e per simulazione di reato.

Il legale aveva anche anticipato iniziative per l'ingiusta detenzione. Prima, però, era necessario attendere l'archiviazione. Cosa che ieri non c'è stata. L’incarico al perito dovrà essere conferito entro quattro mesi. Il caso non è chiuso.

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