l'editoriale

Brescia e il valore aggiunto verticale

di Massimo Mamoli

B. Come Brescia. B come Bellezza Interna Lorda, Bil che compone la ricchezza prodotta dall'algoritmo imprese e cultura. È in questa visione che il nostro giornale, che da oggi firmo, si propone come perimetro all'interno del quale si gioca il disegno del futuro. Il luogo in cui comporre fermenti e diversi codici di appartenenza che sono la forza propulsiva della nostra comunità. A cominciare dallo spirito identitario che in modo trasversale rappresenta l'essenza della brescianità: la concretezza. Una concretezza che ha proiettato Brescia con Bergamo da motore industriale a doppia capitale della cultura 2023. Un primato che mette sul piatto tesori che vanno dal museo di Santa Giulia, patrimonio Unesco, con la vicina area archeologica del Capitolium, alla splendida pinacoteca. Non a caso il logo, pensato in modo creativo ed evolutivo, propone il 3, che sta anche per B, come un intreccio, un legame tra due città che hanno attraversato la tempesta della prima ondata e da questa sono uscite più unite e più forti. Una scelta carica di significati, come inclusività, speranza, responsabilità condivisa, in un momento in cui la pandemia è tornata a colpire. Una sfida a cui guardare illuminati dalla nostra storia e dal nostro patrimonio di saperi. Un processo già in atto che si snoderà in altezza se questa sfida verrà colta non come un contenitore di eventi ma un'occasione per progettare segmenti di futuro del territorio, le sue spinte innovative, autostrade digitali interconnesse, nutrite dall'umanesimo. A cominciare dalle due università, all'avanguardia della ricerca applicata all'industria ma anche alla sanità. E qui si colloca la seconda sfida, che come giornale dovremo rappresentare, non semplicemente nel procedere della sua narrazione, ma soprattutto come stimolo di crescita. A Brescia, a cominciare dalle forze istituzionali, politiche e produttive, è affidato un passaggio di cultura anche economica.

Nel terzo trimestre dell'anno che ci lasciamo alle spalle, la variazione della produzione delle imprese manifatturiere è risultata complessivamente in crescita del 13,7% rispetto al 2020. Contestualmente le esportazioni hanno raggiunto i 4.553 milioni di euro, un balzo del 21% rispetto allo stesso periodo del 2020. L'industria bresciana ha dunque quasi del tutto recuperato quanto perso al tempo del Covid ed è sostanziata da una grande iniezione di fiducia, che però rischia di essere erosa dal fattore materie prime e dal rialzo pericoloso dei costi dell'energia. Il futuro si giocherà anche nella ricomposizione tra attività produttive, infrastrutture e servizi. E il terreno è evidentemente sempre più quello delle competenze. In questo saremo aiutati da una flessibilità innovativa tipica del tessuto sociale e imprenditoriale bresciano.Serve però una capacità collettiva di visione che si muova sotto la superficie. Che guardi oltre la prospettiva di un Paese che in qualche modo sembra anestetizzato dai dati di crescita che sono evidentemente ottimi ma in fondo sono anche ad un tempo scontati e anomali. Occorre invece allargare il perimetro e puntare il faro su una più estesa «produttività totale dei fattori», ovvero l'insieme delle conoscenze, dell'organizzazione pubblica e privata, dei comportamenti collettivi e personali, della voglia e della possibilità di competere e di intraprendere che sfocia in creazione di valore. È questo il tasso complessivo che andremo a misurare. Un processo di sistema che presuppone un grande sforzo corale e una grande alleanza tra le comunità imprenditoriali, culturali, professionali e le parti sociali, che possa mettere a terra il merito e l'equità. Nel momento in cui i costi del complesso passaggio della transizione tecno-ecologica aprirà attività ma ne chiuderà altre. In questo senso la trasformazione di un comparto trainante per Brescia come l'automotive interessato da una rivoluzione che alla luce del Green Deal europeo si presenta molto difficile.

Si dovrà trovare la via per conciliare le nuove esigenze della sostenibilità con quelle del lavoro. Racconteremo questa svolta epocale con la consapevolezza reale dei suoi effetti senza le coloriture utopiche e il conformismo retorico delle buone intenzioni. È una sfida sociale, non solo economica, perché la pandemia ha aperto il fronte a nuovi modelli: dalla direttrice verticale città-impresa verso la globalizzazione a quella orizzontale delle piattaforme territoriali, che ridisegnano anche il ruolo sostenibile delle politiche di sviluppo di una città in-finita che non distingue il centro dalla periferia nel cuore di una vasta area metropolitana collocata nel triangolo formato da Lombardia, Veneto fino all'Emilia Romagna (Lover). Dove la ricchezza specifica è quella di evolvere per differenze, per polarità di modelli distinti, a volte interdipendenti ma che nel tessuto lombardo oltre i confini delle singole imprese hanno generato il capitalismo delle reti. In cui tutte le nuove industrie urbane, indistinguibili dai servizi, sono legate alla scienza, alla salute, all'ambiente. Ne sta scaturendo a livello regionale lombardo - ma non solo - una ricomposizione di mercato tipica delle economie metropolitane. In buona sostanza un esteso policentrismo spaziale a cui è corrisposto un solido tessuto poliarchico. E qui si apre anche uno scenario più politico. Perché il tema che dovremo indagare nei prossimi mesi sarà anche quello di capire come questi processi che interconnettono i territori possano conciliarsi con le architetture istituzionali. Nel momento in cui l'iter della riforma per l'autonomia delle regioni, che il Veneto, la Lombardia e l'Emilia hanno da tempo avviato e che è ancora in fase di interlocuzione del governo, deve trovare una sua conciliazione con le nuove direttrici aperte dalla gestione nazionale del Covid. Un confronto che vede da un lato chi sostiene che il regionalismo in questa emergenza fa funzionare i territori, dall'altro invece chi ritiene che le spinte autonomiste divaricano ulteriormente le differenze tra una parte del Nord che vuole fare da solo e il Sud.

Una questione politica complessa, su cui serenamente si potrà discutere una volta usciti dalla tenaglia centripeta dell'emergenza, con un approccio che i nostri antenati latini definirebbero festina lente, o i greci spéude bradéos, «affrettarsi lentamente», l'ossimoro che consiglia prudenza e capacità di pre-vedere le conseguenze rispetto alla temerarietà che solletica il consenso. Un tema in cui entra in gioco politicamente Brescia. Questo che si apre è un anno preparatorio alle prove elettorali che nel 2023 riguarderanno la Regione e il Comune con l'uscita dopo dieci anni di amministrazione del sindaco Del Bono. Racconteremo tutte queste sfide impegnandoci come portatori di conoscenze, ma soprattutto di strumenti per acquisirle. Un giornale libero, aperto, moderato, luogo del confronto, del rispetto e della tolleranza, dove si tenta di costruire e non distruggere, di stimolare una comunità a non ripiegarsi sui propri difetti e a non chiudersi nell'intransigenza verso gli avversari.

Ringrazio, con stima e affetto, Maurizio Cattaneo e Piergiorgio Chiarini che sostituisco da oggi, per aver assicurato con equilibrio e autorevolezza la difesa dei valori fondanti a cui continueremo a richiamarci. Saremo imparziali, ma non saremo neutrali. Perché non si può essere neutrali di fronte alla negazione della scienza, all'irresponsabilità individuale per la salvezza dell'altro, alle forme di violenza, all'intolleranza quale ne sia la provenienza. Perché questo giornale è qualcosa di più di un giornale, è un radiofaro civico dello spirito bresciano, aperto a tutti e trasversale a schieramenti e appartenenze, luogo del confronto tra laici e cattolici. Ha concorso in questi anni a costruire la sua identità e lo ha fatto cercando nel contempo di interpretare lo slancio di un mondo vitale, determinato sulla via del progresso economico e civile. Un giornale che si fonda sulla cooperazione di tutti coloro che concorrono alla sua costruzione.

L'opportunità può essere colta al meglio se Brescia riuscirà a «fare sistema», a mettere assieme risorse, capacità, prerogative e ingegni. E i precedenti non mancano, a partire dall'esperienza del Consorzio Orgoglio Brescia, costituito da 19 imprese e con il supporto di enti e istituzioni provinciali, che ormai sei anni fa riuscì, nello spazio di pochi mesi, a progettare e realizzare l'Albero della Vita. L' iconico manufatto simbolo di Expo 2015 che ora è destinato a ridiventare uno dei punti riconoscibili del nuovo Milano Innovation District in fase di realizzazione a Rho.Questa è la nostra sfida, professionale e culturale. Questo può fare Bresciaoggi per i bresciani. Essere l'anima e la ragione per la quale stiamo insieme. Farci sentire parte attiva di una comunità e allo stesso tempo cittadini del mondo.

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