«La mente innamorata» Così Mancuso sottolinea la forza della coscienza

Il direttore de LeXGiornate Daniele Alberti  con Vito Mancuso ONLY CREWIl pubblico del San Barnaba ieri pomeriggio FOTO ONLY CREW/Filippo Venezia
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Arriva alle radici della natura umana la riflessione che Vito Mancuso ha proposto con la «Mente innamorata», presentata ieri a «Voci di Donna». Ha aperto con un’ode all’armonia che supera qualsiasi tipo di dualismo e contrapposizione, a partire da una delle più taglienti divisioni della società: maschile e femminile. Due facce della stessa medaglia che coesistono in ogni essere umano e devono essere coltivate. «Voci di Donna» ricordando che anche gli uomini sono donne. Entrando nel merito della «Mente innamorata», Mancuso ha preso in prestito le parole di una delle voci che ha impattato la sua crescita spirituale ed intellettuale, Hanna Arendt, che in «Socrate» - edito nel 1954 - scriveva: «Noi che abbiamo fatto esperienza delle organizzazioni totalitarie di massa sappiamo che il loro primo interesse è eliminare qualunque possibilità di ..». Si potrebbe pensare «pensiero», ma in realtà Arendt si riferisce alla condizione del pensiero: la solitudine. «Un essere umano non può mantenere intatta la propria coscienza se non può mettere in atto un dialogo con se stesso». Parole che oggi rivelano un'attualità sconcertante, dove in gioco c’è la possibilità della solitudine, del raccoglimento. «Oggi è molto più importante fare di essere – afferma Mancuso -, ma se manca la condizione contemplativa della vita manca la condizione dell’umanità». La coscienza funziona comunque sempre ad un certo livello quella che produce pensieri, emozioni, sentimenti. «Noi siamo un quantum di energia intelligente alle prese con il mondo - prosegue Mancuso -. Un quantum che in parte è solidificato nel corpo e in parte è libero e produce la psiche e lo spirito. Siamo questa processualità». La prima modalità in cui la vita si presenta sono le emozioni, sei, universali che tutti abbiamo: paura, rabbia, felicità, tristezza, disgusto e sorpresa. Queste anche senza solitudine rimangono. «La mente libera da passioni è una fortezza» scriveva Marco Aurelio. Non è apatica, le sa governare. L’essere umano dunque non ha niente di più forte in cui rifugiarsi se non la cittadella interiore della propria mente per non diventare «captivo», prigioniero della paura che sfocia in rabbia e tutto ciò che ne consegue: nulla di buono. Occorre coltivare la dimensione contemplativa della vita per rimanere umani. Ma cosa vuol dire essere umani? Non è un insieme di caratteristiche fisiche, ma nemmeno il solo pensiero analitico, così come non è solo ragione sintetica, teorica o nel cuore. Gli umani sono diventati homo quando hanno fatto una cosa che nessun altro animale fa: si sono presi cura dei propri simili. «La mia mente è innamorata di questa produzione sorprendente che noi, esseri umani, siamo», chiosa Mancuso sottolineando che ciò che salva da questi giorni difficili, dalla stupidità, è la coltivazione dell’io invisibile: «Con fedeltà ogni giorno coltivate il vostro giardino interiore». Giada Ferrari

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