Manara ora è «investigatore» tra scrittura e lavoro

di Magda Biglia
Fausto Manara ieri sul palco di Librixia FOTO COMUNE DI BRESCIA
Fausto Manara ieri sul palco di Librixia FOTO COMUNE DI BRESCIA
Fausto Manara ieri sul palco di Librixia FOTO COMUNE DI BRESCIA
Fausto Manara ieri sul palco di Librixia FOTO COMUNE DI BRESCIA

Ormai tutti fanno il detective, e con successo, come ci insegnano la letteratura e le serie televisive, insegnanti, vecchiette, soldati nazisti, senatori romani in toga, persino Aristotele, ma che questo ruolo venga svolto da uno psichiatra è quasi certamente una novità assoluta. «Del resto un po’ investigatore nella professione uno psicoterapeuta lo è sempre. Cerchiamo i perché della sofferenza analizzando i sintomi e le prove, cerchiamo i colpevoli, le motivazioni, i moventi; ricostruiamo le storie, quello che sta dietro»: parola di Fausto Manara, psichiatra bresciano ieri in veste di scrittore di gialli sul palco di Librixia in piazza Vittoria, intervistato da Maddalena Damini. Manara, noto soprattutto per l’impegno contro i disturbi alimentari e per il relativo centro da lui fondato, ha prodotto numerosi saggi sulla sua materia, poi una decina di anni fa ha scovato il nuovo che rivitalizza nella fotografia e nelle arti visive. Ora ritorna al pubblico con il suo primo romanzo, «L’inconsapevole», edizioni Piemme, giallo psicologico, viaggio per svelare il mistero, «ma con un finale aperto - per Maddalena Damini - che non si può ovviamente disvelare e che indica sin d’ora un prosieguo (già ammesso dall’autore, al lavoro sulla seconda puntata). Il detective improvvisato risolve il caso ma non risolve per se stesso». Inevitabile è l’identificazione fra lo scrittore e il protagonista Antonio Mazzini, residente a Brescia come da allusioni senza precisazioni: «Ad accomunarci c’è il mestiere, ci sono alcuni comportamenti, non tutti, le incertezze, le difficoltà emotive, la testardaggine» sottolinea Manara. Lo spunto verso la rimpatriata letteraria del resto gliel’ha dato il suo lavoro e l’avvio è stata una seduta con una diciassettenne sofferente, con problemi di panico, autolesionismo, bulimia e con un rapporto difficile con la madre. L’indagine di Mazzini sarà sul suicidio di una sua giovane paziente a cui, conoscendola bene, non crede assolutamente, a differenza del magistrato incaricato del caso. Un’indagine che entra nelle pieghe della vita della ragazza e della sua famiglia, «perché è assodato il peso della situazioni famigliari conflittuali o della presenza di una madre iperprotettiva, “inconsapevole“, con un padre assente sui problemi delle figlie in particolare. Stanno male perché gli adulti girano male», afferma Manara. Esiste una sorta di effetto domino generazionale, a suo dire, nelle famiglie, «una trasmissione di sofferenza che va fermata, non con i farmaci ma entrando nelle storie. Tutti noi abbiamo esperienze passate di cui siamo “inconsapevoli“ che determinano a volte le nostre reazioni sbagliate o fuori le righe». •.

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