L’alchimista degli insetti: il mondo di Enrico Ghedi

Pseudogonalos Hahni - amore, legame Platiagaster Zosina - lacerazione, fiducia Thereva Nobilitata - … il dio dell’illusione esiste e corre nei miei sogni e digrigna i denti mostruoso morde la risata, strappa al vento le farfalle, le foglie morte alla fuga. Enrico Ghedi «La scatola con gli insetti» **************************** Inizia così «La scatola con gli insetti» di Enrico Ghedi (SEAM Edizioni). Omar Pedrini nella sua prefazione dovette ricorrere a un paragone con gli eteronimi di Fernando Pessoa al fine di spiegare quanto poliedrico fosse il suo fraterno amico e compagno nei Timoria. «Geniale uomo dei computer», «psicopompo», «maestro Ghedi», «poeta bohémien»: in questi anni abbiamo provato a inquadrarlo in molti modi, ma lui, prontamente, sfuggiva alle nostre definizioni. E tale è anche la sua poesia. Ci sono le transizioni foscoliane, e cioè il saltare da un argomento all’altro, senza apparente legame logico; ci sono Ezra Pound, il modernismo, la psichedelia, la prosa scientifica di Galileo, «Sopra una conchiglia fossile nel mio studio» di Zanella. Quando Jack Hirshman lo tradusse e pubblicò negli Stati Uniti, coniò appositamente per lui la definizione di poesia scientifica: a parer mio molto felice, anche se in un certo qual modo parziale, perché tralascia l’aspetto oscuro, mistico e simbolico della poesia di Ghedi. Se di scienza si tratta, allora sarebbe meglio dire proto-scienza, alchimia. Enrico Ghedi è senza dubbio un uomo del Medioevo. Me lo immagino protagonista di un romanzo di Umberto Eco, insieme a frate Guglielmo da Baskerville a catalogare insetti. Proprio come lo scienziato protagonista appunto de «La scatola con gli insetti». Egli è figlio di un enciclopedismo medievale, che sa tutto, cataloga tutto e poi sublima le conoscenze in magici versi. Ma cosa c’è dietro all’allegorismo degli insetti, citati col nome scientifico latino? Forse non lo sapremo mai. E probabilmente questa è la vera lezione di Enrico: renderci coscienti dei limiti e purificarci dalla superbia, per farci tornare a un nuovo misticismo, ricordo di quando gli uomini sapevano ancora di acqua e di erba, e d'aria sulla pelle.

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