GIOVENTÙ AGITATA

Disagi da capire violenze da bandire

di Federico Guiglia

Il tam-tam corre sulla rete e le prefetture corrono ai ripari con il vertice interregionale per l’ordine pubblico svoltosi ieri a Verona: il 2 giugno «tutti a Peschiera» è il messaggio che compare ormai da giorni su tanti video di TikTok. Si teme il bis dell’anno scorso, quando un raduno gardesano di migliaia di giovanissimi, fra i quali molti minorenni, convocato per un ballo che va alla grande sui social - il cosiddetto «sturdy dance» -, si trasformò in campo di battaglia. Scontri, violenze, danni gravi con tanto di molestie sessuali a fine giornata sul treno di ritorno da Peschierca verso Brescia da parte di decine e decine di partecipanti al flash mob, e subìte da cinque ragazzine che invece tornavano a casa dopo essere state a Gardaland. Da allora l’inchiesta per rissa aggravata e danneggiamenti, pur con decine di giovani identificati, non ha portato a nulla. E perciò le varie istituzioni coinvolte e pre-allertate, dalle autorità statali ai sindaci di almeno tre regioni - Veneto, Lombardia e la provincia autonoma di Trento - stavolta si preparano a prevenire il peggio, viste le difficoltà di perseguire, dal giorno dopo in avanti, i responsabili di atti di puro teppismo. 
Dunque, controlli sui treni e auto in arrivo e percorsi blindati all’insegna della tolleranza zero, sia per garantire la sicurezza dei cittadini, sia per rassicurare i turisti: non esiste il diritto alla violenza, tanto meno tra bande rivali che si sfidano per far vedere che esistono, per segnare e dettare la loro legge su un fantomatico territorio o per un malinteso e malato spirito di appartenenza. Non è, peraltro, un fenomeno solo italiano questo delle bande giovanili e aggressive, per le quali ogni spunto collettivo, balli compresi, è usato come pretesto per scatenare odio e prepotenza nei confronti dei coetanei. Ma negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti, dove il fenomeno è ancor più grave, maggiori sono le misure per combatterlo e le analisi per cercare di capirlo. Perché inconcepibile appare anche quanto avvenuto lunedì in un liceo tecnico-scientifico di Abbiategrasso, nel Milanese, dove una professoressa di 51 anni è stata accoltellata in classe da un suo studente sedicenne con problemi didattici: lei in ospedale, per fortuna non in pericolo di vita, lui dai carabinieri. Un intero istituto sotto schok. Alla fonte delle violenze giovanili di banda, o di aggressioni singole di tutt’altra natura, ci sono ragioni sociali, culturali o familiari che una società giusta ha il dovere di approfondire e di sanare. Ma mai di tollerare.

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