L’editoriale

I TRE BINOCOLI DEL TEMPO

di Massimo Manoli

C’è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, e questa - scriveva Victor Hugo - è un’idea il cui momento è giunto. Se possiamo dare un tratto autentico, ben oltre la superficie dell’autocelebrazione, al mezzo secolo che oggi testimonia Bresciaoggi, in una data che segna il suo traguardo storico, è proprio questo. Ricordare a noi stessi che, in quella che nella metrica della geopolitica possiamo definire una sorta di nuova età di mezzo, è arrivato il tempo di rendere concretezza a ciò che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nell’anniversario della Liberazione, ha scritto in calce davanti alla coscienza collettiva: non c’è futuro senza memoria. Ridare pienezza al tempo senza aspettare che sia il tempo a dare un senso breve a ciò che accade. In cui un giornale nell’apologo di Agrippa è quel punto focale che mette insieme il singolo valore delle diverse articolazioni di una società complessa, ancora ripiegata nelle cure delle proprie malattie. E proprio per questo si pone la fatica di esplorare dietro le dinamiche oppositive la natura dei problemi che la comunità, il Paese, hanno di fronte a sé. E in questo, dare necessaria espressione al dibattito di una città che nella fierezza si trasforma, innova, metabolizza nella cultura. Certamente l'unico bene che quando si divide si moltiplica. Come è accaduto nel miracolo della capitale Brescia-Bergamo. Nel perfetto incrocio di tutto questo, Bresciaoggi, dopo una viaggio durato mezzo secolo, in cui come una macchina del tempo ha più volte cercato di cogliere lo svolgimento e le sfumature dei fatti con i tre binocoli del prima, dell'ora e del domani, si pone come un sano vaccino nella crescita di una coscienza bresciana, lombarda, nazionale, europea. Perché «tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura» scriveva Italo Calvino nelle sue Città invisibili. E il tempo che oggi attraversiamo, verso l'orizzonte di un'Italia che dà il meglio di sé, è il tempo che deve ritrovare oltre il ticchettio delle paure, il punto finale della fiducia. Che non trascende dai conflitti intelligenti, ma diventa collante etico di coesione.

Suggerimenti