Il governo all’esame di Europa

di Antonio Troise

Non c’è nessuna ispezione sull’Italia. Nè Bruxelles ha inviato i propri funzionari a Roma per verificare lo «stato di diritto» nel nostro Paese. Niente di tutto questo, non siamo l’Ungheria di Orban. Neppure un Paese da mettere sotto «sorveglianza speciale» da parte della Commissione europea. In realtà i questionari arrivati a Roma sui «sistemi giudiziari nazionali, i quadri anticorruzione, il pluralismo dei media e altri pesi e contrappesi istituzionali», fanno parte della consueta indagine effettuata dagli esperti dell’esecutivo comunitari in tutti e 27 Stati membri per preparare il rapporto annuale sullo Stato di Diritto, da pubblicare prima della pausa estiva, probabilmente subito dopo l’appuntamento con le prossime elezioni europee. Un esame che si svolge da almeno quattro anni e, come hanno spiegato da Palazzo Chigi, «come in tutti gli altri settori, anche in questo esercizio la collaborazione fra l'Italia e la Commissione europea si sviluppa in un clima del tutto positivo e costruttivo». Un esame piuttosto puntiglioso: l'ultimo rapporto, pubblicato a inizio luglio, era stato preceduto da ben 530 incontri online con autorità nazionali e indipendenti dei vari Paesi membri. 

Era stato preceduto da incontri anche con organizzazioni della società civile, e da un'attività di confronto con gli Stati, fra scambi di contenuti scritti e visite. Come a dire: è presto per tirare le somme e, soprattutto, capire se il nostro Paese finirà nella lista dei buoni o dei cattivi. Ma, al di là della polemica politica e dello scontro, inevitabile, che la notizia ha innescato fra maggioranza e opposizione, i temi affrontati dalla Commissione non sono per niente banali nè scontati. Anche perchè si intrecciano con due delle riforme attualmente sulla rampa di lancio e che sono destinata a modificare in profondità il nostro assetto costituzionale: quella della giustizia, di cui si discute ormai da anni, e quella sul premierato, che rivede l’assetto dei poteri fra i vari organi dello Stato. Tutti temi sui quali ogni Paese è libero di decidere sulla base delle propria autonomia e delle regole democratiche. Così come il faro che la Commissione Ue intende accendere sui temi della corruzione e della libertà di stampa, due tasti delicati sui quali si misure la solidità di un Paese. Tutti temi, per la verità, su cui Bruxelles aveva insistito anche nell’ultimo rapporto, chiedendo ad esempio una Rai più indipendente, norme ad hoc sui conflitti di interesse o la regolamentazione delle attività di lobbyng, oltre a una serie di «suggerimenti» per difendere i giornalisti e la libertà di stampa. È vero che l’Italia ha tanti anticorpi nella propria Costituzione e il suo assetto istituzionale ci mette al riparo da derive antidemocratiche o autoritarie. Ma è anche vero che su alcuni temi molto delicati, come quelli rilanciati dalla Commissione di Bruxelles, gli esami non finiscono mai, come direbbe Eduardo De Filippo. E margini di miglioramento sono sempre auspicabili e possibili. Perchè non possiamo assolutamente immaginare un futuro del nostro Paese al di fuori dei valori sia occidentali che europei.

Suggerimenti