L’editoriale

L’onda sovranista spaccata

di Michele Esposito

Michele Esposito Determinati, temuti, in costante ascesa nei sondaggi, eppure a rischio implosione. Gli attori dell'onda sovranista e delle destre che con il voto dell’8 e 9 giugno prossimi si avviano ad aumentare più o meno nettamente preferenze e seggi all'Eurocamera sono una falange tutt'altro che unita. A Strasburgo i partiti sovranisti e di destra sono attualmente divisi in due gruppi, quello dei Conservatori e Riformisti (Ecr), presieduto proprio da Giorgia Meloni, e quello di Identità e Democrazia. L'attuale assetto potrebbe però cambiare sulla base di un principio, innanzitutto: stare o meno dalla parte di chi, pur volendo cambiare l'Europa, non la rinnega. A poche ore dalla chiusure delle liste per i candidati presidenti il partito Ecr, in una riunione dove non è mancata qualche tensione tra i partecipanti, ha votato se presentare o meno un nome per il vertice della Commissione. Alla fine ha prevalso la linea di Giorgia Meloni: Ecr non avrà un suo candidato presidente. Il polacco Morawiecki guidava la posizione opposta. E non è l'unica differenza che, da qualche settimana, è emersa proprio tra i due alleati. Morawiecki, ad esempio, è il più convinto promotore dell'ingresso di Fidesz partito di Viktor Orban, in Ecr. Ingresso che tuttavia sarebbe da ostacolo al percorso di avvicinamento di Fdi alla maggioranza Ursula (con il pieno consenso di von der Leyen). Recentemente Morawiecki si è fatto portatore anche di un'altra istanza: l'unione di Ecr con Identité et democratie (Id), ad esclusione dei tedeschi di Alternative fur Deutschland (Afd), ormai sempre più ai margini. Ma anche in questo caso Meloni si è mostrata a dir poco prudente. Sul piano delle alleanze in Ue la premier prenderà tempo. La sua delegazione si avvia a superare, in fatto di seggi, quella di Morawiecki ma molto dipenderà anche dalla conferma - da parte dei leader dei 27 - di von der Leyen alla Commissione. Nel Ppe, a cominciare dalla presidente dell'esecutivo Ue, hanno più volte evocato un rimescolamento nell'area sovranista. Buona parte del Ppe considera interlocutori ormai affidabili non solo Fdi ma anche la delegazione ceca o quella finlandese. Mentre in Id non è sfuggito il drastico cambio di toni, in direzione moderata e meno anti-Ue, che ha adottato Marine Le Pen. Il Financial Times ha fatto un raffronto tra Fdi, Afd e il Rassemblement National, tutti e tre guidati da donne. "Sono affamati di successo alle elezioni europee, ma le differenze nazionali sono importanti". A loro vanno aggiunte altre formazioni destinate a buone performance: gli austriaci di Fpo, gli olandesi di Ppv, i portoghesi di Chega, gli spagnoli di Vox. Tutti legati dalla promozione di "valori tradizionali" e di una Ue meno incisiva. E tra questi figura anche la Lega, che da tempo porta avanti l'istanza dell'unita delle destre in Ue ma difficilmente potrà uscire dal «cordone sanitario» issato dai filo-Ue con i sovranisti. Diverso è l'approccio verso Meloni, anche se non tutti sono convinti del suo voler operare in linea con l'Ue.

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