IL CONFLITTO A EST

La pace non passa dalla via della seta

di Federico Guiglia

Non avendo mai condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina, né nascosto i buoni rapporti tra Vladimir Putin e Xi Jinping, era già difficile immaginare che il «piano di pace» della Cina potesse venire incontro alle aspettative del mondo. Ma sono bastate le prime indiscrezioni, subito avallate da fonte russa, per avere la conferma che la via della tregua non passa dalla via della Seta. Secondo la soluzione prospettata da Pechino, anche nel recente viaggio dell’inviato Li Hui in diverse capitali dell’Ue, la fine delle ostilità dovrebbe coincidere con l’attuale situazione sul campo, ovvero con parti rilevanti del territorio ucraino occupate da Putin. Di fatto e in spregio al diritto internazionale si riconoscerebbe a chi ha scatenato la guerra la possibilità di mantenere le regioni annesse con le armi. Anche se fonti europee negano che Li Hui sia arrivato a tanto. Immediata la reazione delle autorità di Kiev, per le quali nessun dialogo con Mosca potrà neppure iniziare «finché le truppe russe saranno sul nostro territorio». E, a scanso di equivoci, il presidente Zelensky ha ribadito che la pace «arriverà solo con la vittoria», cioè con la cacciata dell’invasore. L’esatto contrario di quanto ipotizzato dal rompicapo cinese. Rompicapo, certo, perché la diplomazia di Pechino procede con atti che consentano ogni interpretazione e perfino marce indietro. Insomma, proposte per dar prova della propria volontà di potenza nello scacchiere e «saggiare» le reazioni dell’Occidente. 
Che mai potrebbe acconsentire di certificare la «pace del prepotente», quale essa diventerebbe, se il mondo si rassegnasse a darla vinta a chi prima calpesta l’altrui sovranità nazionale e poi decreta come proprio il territorio appena acquisito con le bombe. Ed ecco quest’ultimo tentativo cinese di fermare la partita proprio adesso, mentre si preannuncia un’importante controffensiva ucraina. «È tempo di riprendere ciò che è nostro», anticipa Valeriy Zaluzhny, il comandante delle Forze Armate ucraine. Questione di ore - dice - e sarà nuova battaglia. Non è l’ora dei compromessi, neanche da parte russa, che espelle centinaia di cittadini tedeschi e pone, come condizioni per fermare il conflitto, l’altolà alle forniture occidentali a Kiev, il riconoscimento delle terre occupate e che l’Ucraina rinunci ad aderire alla Nato e all’Ue. Grandi manovre di guerra, anche se la chiamano pace.

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