L’INTRIGO

Le spie di Mosca. I segreti in italia

di Federico Guiglia

Una sola avvertenza: non è la trama di un film. La scena si svolge in un parcheggio alla periferia di Roma. È martedì sera e due uomini si scambiano documenti segretissimi e soldi. Stando alle accuse, a consegnare la pennetta con un bottino di informazioni sui sistemi di telecomunicazione militare, anche della Nato, sarebbe un ufficiale della Marina, il capitano di fregata, Walter Biot. A riceverla in cambio, pare, di 5 mila euro, un ufficiale dell’esercito russo. Ma ad attenderli al varco c’erano i carabinieri del Ros, che da tempo tenevano sott’occhio il militare italiano in servizio allo Stato Maggiore della Difesa. E così l’incontro clandestino si trasforma in arresto per l’italiano -con accuse di spionaggio politico e militare e di procacciamento di notizie sulla sicurezza dello Stato- e nell’espulsione del russo e di un suo superiore di stanza a Roma. Ed è subito crisi fra Italia e Russia. Ma non occorre aspettare come finirà il caso senza precedenti dal crollo dell’Urss, per constatare due cose. L’efficienza del sistema investigativo italiano: il controspionaggio ha colpito nel segno. E poi: anche in epoca di globale amicizia, fidarsi degli altri governi è bene, non fidarsi è meglio. Specie quando, come Russia o Cina, rappresentano «sistemi politici e valori diversi dai nostri» (Di Maio). Non è la prima volta che in diversi Paesi europei avviene ciò che in Italia non era ancora capitato. Londra è diventata la capitale della «guerra delle spie», e neppure stavolta di romanzi si tratta. La realtà supera sempre la fantasia degli scrittori e, a volte, anche l’ingenuità dei politici.

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