L’editoriale

Manodopera e «buona occupazione»

di Antonio Troise

Il Primo Maggio non è mai stato, in Italia, una giornata come le altre. E non solo perché la parola «lavoro» compare nella prima riga della nostra Costituzione, pilastro della Repubblica. Ma anche perché oggi la Festa cade in un momento estremamente difficile dal punto di vista geopolitico, forse il più complesso a partire dalla seconda guerra mondiale, con tanti conflitti alle porte dell’Europa e una guerra in casa. Uno scenario che proietta ombre scure sui nostri orizzonti. Eppure, mai come negli ultimi trimestri, l’occupazione in Italia ha macinato record su record, viaggiando a ritmi che non si vedevano dal grande miracolo economico degli anni Sessanta. Ma, nonostante la crescita, siamo ancora il Paese che ha il più basso tasso di occupazione in Europa, battuti solo dalla Grecia. Una donna su due non riesce a trovare un contratto stabile, un giovane su tre è senza lavoro.  Ogni anno migliaia di «cervelli» formati in Italia scappano all'estero, alla ricerca di condizioni migliori, anche dal punto di vista retributivo. Nelle fabbriche del Nord Est gli imprenditori faticano a trovare profili adeguati ad affrontare le sfide del mercato globale mentre alle porte dell'Europa bisognerebbe saper gestire e, magari, incanalare, quell'ondata di migranti che oggi sfugge ad ogni controllo. Il decreto varato ieri dal governo va nella giusta direzione, prevedendo sgravi e bonus per le aziende che assumono giovani disoccupati e donne in situazioni svantaggiate. Così come è importante anche il segnale sulle tredicesime, con l'indennità di 100 euro, a gennaio, per i redditi medio bassi, soldi in più nei bilanci di un milione di famiglie. L'occupazione, però, come ripetono gli economisti, non può essere fatta per decreto. Occorre agire più in profondità nel mercato del lavoro per creare una «buona occupazione», stabile, di qualità e ben retribuita. Bisogna, insomma, creare le infrastrutture formative in grado di rispondere alle richieste che arrivano dalle imprese. Ma anche, ad esempio, sviluppare quella rete di "assistenza" che possa consentire di conciliare, soprattutto per le donne, il tempo del lavoro con quello della famiglia. Infine, è necessario vigilare e garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro per mettere finalmente un argine allo stillicidio dei drammatici incidenti che si ripetono quotidianamente. Per celebrare davvero il Primo Maggio occorre, in sintesi, non dimenticare i tanti problemi, tuttora aperti, nel nostro mercato del lavoro, evitando di adagiarsi su qualche numero positivo ed affrontando con coraggio le sfide delle riforme e dell'innovazione.

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