L’editoriale

Tra i partiti più politica che Europa

di Antonio Troise

Per qualcuno è la mossa del cavallo, l’unica a disposizione del «capitano» Matteo Salvini per cercare di risalire la china dei consensi ed evitare il sorpasso di Forza Italia, che metterebbe a serio rischio la sua leadership nel partito. Per altri, invece, è la logica conseguenza di una campagna elettorale per le europee che si annuncia incandescente, con i partiti pronti ad alzare al massimo livello l’asticella delle polemiche trasformando la competizione in un vero e proprio test per misurare gli equilibri e delle leadership all’interno delle coalizioni. Al di là delle interpretazioni, però, un fatto è certo: la candidatura di Roberto Vannacci in tutte le liste della Lega per le europee ha già innescato uno scontro al calor bianco dentro e fuori il partito. Si è fatto sentire perfino il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che non ha mai nascosto la sua diffidenza e la sua contrarietà contro le esternazioni del generale, tanto da avviare un procedimento disciplinare. Ieri, commentando la scelta di Salvini, ha sfoderato l’arma del sarcasmo: «È una vittoria per l’esercito...». Ma i mal di pancia non mancano neanche in casa della Lega. Il governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, ha già fatto sapere che non lo voterà.  Mentre il vicepresidente del Senato in quota Lega, Gianmarco Centinaio, prende le distanze: «Ci sono tanti altri buoni candidati». Salvini non fa una piega: «Se si decide di candidare una persona che è in carcere all'estero per motivi gravissimi non si capisce perché non si può fare lo stesso per un italiano che ha servito il Paese in Iraq e in Afghanistan. Questa è la democrazia». La candidatura di Vannacci apre, di fatto, una campagna elettorale dove, quasi sicuramente, si discuterà poco dei nodi europei e molto dei problemi interni del Paese. Quasi sicuramente domani la leader del centrodestra, Giorgia Meloni, annuncerà la sua candidatura in tutte le circoscrizioni. E lo stesso potrebbe fare Tajani, sia pure con qualche eccezione. Sull'altro fronte, la leader del Pd, Elly Schlein, ha rinunciato a mettere il suo nome nel simbolo del partito ma non a correre in prima persona, piazzando al primo posto nelle liste esponenti della società civile e tagliando fuori molti big storici del partito. Con queste premesse, è facile prevedere che la consultazione per l'europarlamento avrà forti riflessi anche sul quadro politico italiano e, probabilmente, anche sul governo. C'è già chi ipotizza un rimpasto, chi prevede uno spostamento del centrodestra sull'asse Fdi-Fi mentre, nel Pd, c'è chi punta ad un ricambio al vertice in caso di sconfitta elettorale della Schlein. Eppure, mai come questa volta, i riflettori e l'attenzione degli italiani andrebbero puntati sul futuro dell'Europa e sulle ricette da mettere in campo per contrastare il suo declino e rilanciare il ruolo dell'Ue anche sullo scacchiere geopolitico, infiammato dalle guerre. Temi che, a questo punto, rischiano di passare in secondo piano rispetto alla resa dei conti che si profila fra centrodestra e centrosinistra ma anche all'interno delle due coalizioni.

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