La gardesana ferma ai tempi di D'Annunzio

La Leonessa
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Anni 20, ma di un secolo fa: tra Gargnano e Riva non c’erano che mulattiere malagevoli, nessuna strada che dire si potesse strada. Ma c’era Gabriele D’Annunzio, «viatore e non soltanto aviatore», maestro di aeronautica arditezza e insieme profeta della motorizzazione terrestre. Fu lui, il poeta comandante domiciliato al Vittoriale, che convinse il governo a costruire la Statale Gardesana in quel tratto d’alto lago: tra balze e precipizi, l’aveva già immaginata prima che esistesse, e chiamata «il Meandro». Evangelista della bituminosa fede, telegrafava al ministro dei lavori pubblici: «Ti domando la via del Meandro come si domanda la via della salute». Lo accontentarono e la strada si fece. Ma da allora è rimasta uguale. Cresciuti in superbe ramificazioni i pini scagliosi ed irti, arroncigliati in gineprai i ginepri aulenti, solo quel Meandro di asfalto non è cresciuto. Ma è cresciuto il traffico, cresciuti i camion e le automobili: non ci si passa più. Dopo un secolo la Gardesana attende il suo raddoppio: c’è un progetto da 80 milioni di euro per una galleria parallela a quelle che D’Annunzio, 100 anni fa, battezzò. Perché la Gardesana ha una storia luminosa, ma oggi al Garda serve una strada che sia di questo secolo.

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