La piccola casetta che blocca la Tav

La Leonessa
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Non abbiamo un altro posto dove andare: c’è un candore sincero e disarmante, la semplicità profonda di un’umanità vera nelle parole del capofamiglia Sinti che vive con la moglie e i tre bambini nell’unica casa, anzi una casetta, rimasta ancora in piedi sul tracciato della futura Tav Brescia-Verona. I cantieri avanzano e bussano alla porticina, ma i progettisti di questa grande opera da 8 miliardi di euro si erano dimenticati di loro. Sono Sinti italiani e stanno su quel terreno a San Martino della Battaglia da due generazioni: l’area era comunale e loro avevano il permesso di starci, ma poi è stata acquistata dal consorzio dell’alta velocità senza che nessuno li avvisasse. Adesso questa costruzione di legno e lamiere è lì in mezzo alla valletta, che taglia in due il tracciato già segnato della nuova ferrovia. Ve ne dovete andare. Ma andare dove? Loro sono Sinti, di origini nomadi, consapevoli e fieri della loro cultura: non amano vivere nei condomini o fra quattro mura. Chiedono un pezzo di terra, non in regalo ma in uso, dove posteggiare il camper e pian piano costruirsi un’altra casetta. Altrimenti non se ne vanno, perché la domanda resta: andare dove? La Tav, l’opera più costosa di sempre, l’alta velocità che corre verso il futuro, per ora non ha una risposta.

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