La recensione

«One Life», una storia da raccontare

di F.Bon
Anthony Hopkins
Anthony Hopkins
Anthony Hopkins
Anthony Hopkins

Metti sir Anthony Hopkins nei panni di un benefattore inglese realmente esistito e raccontane la storia in un intrigante andirivieni tra passato e presente, capace di metterne in rilievo la personalità complessa e la sua evoluzione. Aggiungi un contesto storico e morale degno della massima attenzione, come il fatto che il personaggio interpretato da Hopkins sia l’operatore umanitario Nicholas Winton, che riuscì a salvare 669 bambini dai nazisti a Praga nel 1938. Dal punto di vista della ricostruzione storica il film è impeccabile: si vede come il regista James Hawes, collaudato professionista, e i suoi collaboratori, direttore della fotografia, costumista, scenografo, abbiano lavorato con grande scrupolo e dovizia di mezzi.
Nei giorni che intercorrono tra l’invasione dei Sudeti e quella della Polonia da parte di Hitler, il giovane Winton, agiato e brillante agente di borsa, animato da profondo spirito di solidarietà, membro del Comitato Umanitario per i rifugiati della Cecoslovacchia, organizza a Praga l’operazione «Kindertransport», per portare in salvo con otto treni speciali diverse centinaia di bambini, molti dei quali ebrei.
La parte più cinematografica del film è quella che segue le peripezie pratiche, familiari e sociali del vecchio Winton, il quale nel 1987, nella sua bella dimora inglese, tiene ancora in un cassetto la borsa con tutta la documentazione inerente l’operazione e non si risolve a divulgarne il contenuto. Siamo dalle parti di «Schindler’s List» e anche di Polanski e del suo «Il pianista», ma «One Life» non uguaglia la potenza del primo né la profondità psicologica del secondo, mentre risulta esemplare e meritorio sotto il profilo narrativo e divulgativo. 

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