Ritratti

Maria Grazia Cucinotta: «Ho sempre voluto cambiare il mondo. Immigrazione, religione: basta pregiudizi»

di Gian Paolo Laffranchi
Prima modella, poi attrice, produttrice e conduttrice. Il prossimo film si chiama «Gli agnelli possono pascolare in pace», è stato scritto e diretto da Beppe Cino e arriverà in tutte le sale l’11 aprile
L'attrice Maria Grazia Cucinotta
L'attrice Maria Grazia Cucinotta
L'attrice Maria Grazia Cucinotta
L'attrice Maria Grazia Cucinotta

Troppo facile restare nei binari. Si fatica poco, ma per spiccare il volo serve altro. Bisogna rischiare. Maria Grazia Cucinotta ha lasciato l’agio per l’incerto, scommesso su se stessa, dribblato il destino andando a bersaglio. Lei che aveva la strada segnata in una famiglia di postini («Lo erano mio padre, mio fratello, mia sorella, mio cognato, mia nipote, anch’io avevo vinto il concorso») è arrivata all’Oscar con «Il postino», passando da Brescia: «Sono partita da Messina, ho preso il treno e sono salita a al Nord perché volevo cambiare vita. Mio papà mi ha tenuto il muso per un sacco di tempo, fino al film con Massimo Troisi. Da ragazza avevo messo da parte 600 mila lire in 3 anni lavorando d’estate e dopo aver ottenuto il diploma di analisi contabile chiesi di potermi trasferire dove già viveva mio fratello Gaetano, postino nel Bresciano. Mi trovò un posto da segretaria e visto che per arrotondare faceva il fotografo mi compose il primo book scattandomi foto in Castello».

Ed eccoci qui: prima modella, poi attrice, produttrice, conduttrice. Film su film, Anthony Hopkins compagno di set, James Bond e «Il mondo non basta»: niente male davvero. «Dovevo seguire i miei sogni», sorride. Il prossimo si chiama «Gli agnelli possono pascolare in pace», è stato scritto e diretto da Beppe Cino e arriverà in tutte le sale l’11 aprile.

Ha già dimostrato di non tirarsi indietro davanti a progetti spiazzanti e ambiziosi come «Sacrificio disumano» a «Brividi d’autore». Di cosa parla il nuovo film?
La storia ci porta in Puglia, dove la Madonna del paese appare in sogno ad Alfonsina Milletarì. Parla con accento straniero e chiede aiuto perché sepolta sotto un albero di carrube. Alfonsina si rivolge al fratello Saverio ma l'albero è al confine con il terreno dei Malavasi e tra le due famiglie i rapporti sono tesi da tempo. Dopo tanto scavare, alla fine una Madonna in frantumi tornerà alla luce, insieme ad una confessione sconvolgente.

Temi delicati s’intersecano.
Sì: immigrazione e religione, pregiudizi e barriere sociali, essere donna oggi, confini innanzitutto mentali. Il pregiudizio è di per sé un confine: non fai oltrepassare le emozioni, le vite degli altri, ti crei barriere che sono muri insormontabili. È un film di stringente attualità. Tutto è trattato con approccio visionario, anche ironico. Spesso si scambia l’ironia per mancanza di serietà, invece questa è un’opera profonda. Un piacevole viaggio nel passato che incontra il futuro, come un metaverso che si muove nel mondo moderno ma con un’ambientazione anni ’60, un microcosmo che vive parallelamente perché dove esiste il pregiudizio è come se il tempo si fosse fermato, non si va avanti, gli errori si ripetono all’infinito.

Ritrova Beppe Cino.
Siamo al terzo film insieme e ne sono felice. È uno dei pochi registi che fanno il cinema vero, quello che andavo a vedere da piccola. Ogni inquadratura è un quadro, nulla è lasciato al caso: colori, costumi, acconciature, il modo di parlare, di muoversi. È stato come entrare in una macchina del tempo, delle emozioni. In più, amo tanto la Puglia. Mi sono divertita, è stato bellissimo.

Nel cast le fa compagnia Massiamo Venturiello.
Gli attori sono tutti fantastici. E devo dire grazie a Corrado Azzollini. L’avevo conosciuto durante la lavorazione di un film, siamo diventati fratelli al punto che ho deciso di chiudere le mie società produzione e di produrre con lui. Sceglie sempre tematiche belle, precise, profonde, non fa cinema tanto per farlo, tratta argomenti che contengono messaggi. Il cinema dev’essere innanzitutto un mezzo comunicazione.

Le sembra che il cinema da questo punto di vista stia facendo il suo lavoro?
C’è da lavorare. Dobbiamo alzare la guardia: siamo invasi da messaggi devianti sul piano mentale e su quello comportamentale. Questo crea violenza, disagio, confusione fra bene e male. Ci sono serie tv e videogiochi in cui i cattivi sono eroi e i buoni fessi. Bisogna riequilibrare: i cattivi vanno puniti, i buoni sono affascinanti. Chi si comporta bene lo fa salvando vite, non uccidendo. L’altro giorno ho avvicinato il mio nipotino, era alle prese con un videogame in cui prendeva punti uccidendo nonnine. Come cresce un bambino che pensa che ammazzare vecchiette sia una scelta vincente? Non è che voglio fare la buonista, ma di questo passo ci ritroviamo tutti dentro Hunger Games. Io sono cresciuta pensando di cambiarlo in meglio, questo mondo. Sono nata in un quartiere difficile, c’era un morto ammazzato al giorno, gli anni ’70 e ’80 sono stati belli tosti in Sicilia. Io volevo cambiare quello che non funzionava. Se vai in un quartiere in cui la scuola non è la priorità perché tuo padre sta in galera, la madre nemmeno ce l’hai e i fratelli sono morti di overdose, l’unico esempio da seguire ti arriva dalla serie tv in cui il cattivo è un figo. 

La realtà racconta degli studenti di Partinico che protestano contro la intitolazione della loro scuola a Peppino Impastato perché «divisivo»: è morto combattendo la mafia, ma era impegnato politicamente e agli occhi di molti oggi questo risulta essere un difetto imperdonabile.
Incredibile. Di questo passo anche il crocifisso in classe diventa divisivo. Io credo nel rispetto delle regole, delle tradizioni, dei valori. In questi casi, direi dell'Italia, di quello che possiamo e dobbiamo essere.

Lei s'impegna per Vite senza Paura contro la violenza di genere, per l'Associazione Maris nella reumatologia pediatrica.
Mi sono sempre data a grandi lotte e l'ultima volta che sono andata a parlare in una giornata delle donne alla Camera dei deputati ho detto che l'errore è aspettare sempre che qualcuno cambi il mondo al nostro posto, mentre dovremmo essere noi la differenza. I politici giocano a Monopoly mentre il Paese va in rovina: vincono loro e perde l'Italia. Sono pagati dagli italiani, devono lavorare per rendere migliore il posto in cui viviamo. Se non lo fanno, tocca a noi cittadini intervenire e cambiare le cose.

Quando tornerà a Brescia?
Presto. Vengo spessissimo a trovare mio fratello Gaetano, i miei nipotini Alessandro e Gabriele che sono piccoli ometti. Brescia è nel mio cuore: il mio primo viaggio, le prime discoteche, i krapfen caldi delle 5 del mattino col metabolismo dei vent'anni... Che meraviglia!

Suggerimenti