IL TERZO SETTORE

Adesioni al bando profughi, i conti non tornano

di Magda Biglia
Crescono enti e cooperative che non hanno aderito all’iniziativa della Prefettura per i centri di accoglienza
L’hotspot di via Morelli è uno dei principali punti di assistenza per i profughi ucraini
L’hotspot di via Morelli è uno dei principali punti di assistenza per i profughi ucraini
L’hotspot di via Morelli è uno dei principali punti di assistenza per i profughi ucraini
L’hotspot di via Morelli è uno dei principali punti di assistenza per i profughi ucraini

Parecchi enti gestori e cooperative non hanno aderito al bando prefettizio per i centri di accoglienza dei profughi ucraini, per un potenziamento dei posti come da decreto nazionale. Per esempio non l’ha fatto Adl Zavidovici, invece hanno aderito Caritas, passando da 50 a 180 posti, e alcune parrocchie. La motivazione è sempre la stessa che indusse molte realtà a smettere con l’accoglienza dopo le norme della legge Salvini: i 24 euro a testa per profugo sono a malapena abbastanza per un tetto, non sono ritenuti sufficienti per tutti quei servizi che richiede una reale integrazione, con corsi di italiano, formazione, assistenza psicologica, socialità per i minori, supporto scolastico e non sono sufficienti per utilizzare operatori professionisti e preparati.

Anche allora Caritas decise di andare avanti, ma mettendo proprie risorse aggiuntive e facendo ricorso a tutta quell’area di volontariato e di impegno che ruota attorno alle parrocchie. Una sintesi del problema si può trovare in un documento di proposte dell’Alleanza Cooperative Italiane Welfare Lombardia, inviato ad Anci Lombardia e ai sindaci, alle prefetture regionali: «L’ampliamento del sistema dei CAS e la sua riqualificazione- scrive deve passare anche per una ridefinizione dei rapporti economici. Occorre che i nuovi bandi individuino tariffe sostenibili, che devono tenere conto delle differenze economiche territoriali per i costi di affitto e che coprano l’aumento dei costi energetici. Anche per quanto riguarda la presenza di personale e di servizi offerti riteniamo che vadano identificati servizi di sostegno ed accompagnamento anzichè interventi di controllo anche notturno, come quelli attualmente imposti perfino nell’accoglienza in appartamento, inutilmente costosi e non rispettosi delle persone accolte».

«Questa è una popolazione in fuga particolare con tanti bambini e anche minori non accompagnati, di cui tenere conto, ma in ogni caso il sistema, i capitolati già fallimentari due anni fa vanno ripensati per tutti i rifugiati, indipendentemente dal colore della pelle - dichiara la presidente Valeria Negrini -. Il mondo della cooperazione ha firmato la Carta della buona accoglienza per garantire serietà, anche nel pagare i collaboratori, per garantire qualità e costruzione di progetti. Non si può trattare un appartamento come fosse un centro da 200 persone, con i pasti monouso da fuori, rigidità negli orari e nei comportamenti». La presidente aggiunge poi due critiche: la prima è che i pagamenti ai gestori sono in ritardo di un anno, anche un anno e mezzo e non tutti hanno la forza di anticipare le spese.

La seconda è che, «mentre si lasciano le briciole a chi offre dignità, a livello regionale il commissario Bertolaso ha stretto convenzioni con le associazioni degli albergatori che contemplano tariffe per il solo vitto e alloggio da 30 a 75 euro». Domani si riunirà il coordinamento Sai per fare il punto sulle adesioni al bando di accoglienza chiuso giovedì scorso, il cui numero non è stato reso noto per ora dalla prefettura. Critico su bandi nazionali è anche l’assessore comunale di Brescia, Marco Fenaroli che, anche in tema di contributi alle famiglie ospitanti, ribadisce il ruolo che devono avere i Comuni che forniscono i servizi necessari, e si dice contrario all’assegnazione diretta dei fondi «che creerebbe un mercato».

Dello stesso parere è Roberto Bondio, consigliere delegato dalla Provincia, che sottolinea quanto pare già oggetto di un prossimo decreto approvato dal Consiglio dei ministri: «Il terzo settore fa troppa fatica a ospitare secondo i suoi valori con i capitolati previsti. Occorre incrementare la cifra pro capite, così come occorre che il governo stanzi risorse per più posti. A fronte di oltre 50 mila persone già arrivate, ai tempi che si allungano, non bastano 5 mila posti nei Cas e 3mila nei Sai». •.

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