l'intervista

Amadeus: «Discoteca Sanremo? Solo canzoni forti pronte a diventare tormentoni»

di Gian Paolo Laffranchi
Direttore artistico, conduttore, anima del Festival per il quinto anno consecutivo, ci parla dell'edizione 2024 (e non solo)

Perché Sanremo è Sanremo, ma anche Amadeus è Amadeus. Campione d’ascolti pure lontano dal Festival (ha stravinto con «L’anno che verrà» su Rai1 il confronto con il Capodanno in musica di Canale 5, con percentuali bulgare di audience: media, 37 per cento). Direttore artistico, conduttore, anima del Festival per il quinto anno consecutivo.

Sanremo 2024: forse il livello più alto da quando è al timone?
Non lo so, di sicuro ci sono produzioni belle, ben fatte, che mi piacciono tantissimo. Livello molto alto.

L’anno scorso era favorito Mengoni. Quest’anno Annalisa, Angelina Mango, The Kolors?
Difficile sbilanciarsi. Tanti grandi artisti, tante canzoni fatte per restare a lungo: sarà particolarmente arduo stilare una top 5 quest’anno.

Di certo non trionferà il rock.
Inevitabilmente. In questi anni poco rock si è presentato sull’uscio del Festival.

Singolare, visto che l’ultima rock band pervenuta ha sbancato e adesso si gode un successo internazionale senza precedenti per un gruppo italiano.
Non ci sono Måneskin all’orizzonte. Niente che assomigli a loro e mi dispiace, anche perché ero convinto che dopo la loro esplosione tanti gruppi simili avrebbero provato a ripetere l’impresa. Penso che ci siano ancora, in Italia, i gruppi che fanno rock; forse il loro obiettivo non è più andare a Sanremo. Spero che qualcosa cambi in fretta.

Eppure in questi anni a Sanremo sotto la sua direzione qualcosa è cambiato: ai veterani si affiancano tanti giovani, a certezze come Francesco Renga e Nek si aggiungono il pop contemporaneo di Mr. Rain e l’emo trap dei La Sad.
Non ci facciamo mancare niente, potendo. Il vero cambiamento, e ne sono felice, è un ringiovanimento in senso lato del Festival. La percentuale dei ragazzi che s’interessano a Sanremo e seguono la gara è aumentata vertiginosamente anche perché il Festival non è più quello di una volta: nessuno scrive più la classica canzone «da Sanremo». Anche quest’anno fra le 370 che mi sono arrivate ce n’erano tantissime, la stragrande maggioranza direi, che vanno bene a febbraio come a Natale, a Pasqua e a Ferragosto.

Dai primi ascolti in anteprima a porte chiuse negli studi Rai di Milano, si tratta per la maggior parte di pezzi con cassa in quattro e tanta voglia di ballare a cominciare proprio da veterani come Berté e Ricchi e Poveri. Discoteca Sanremo?
Ho riscontrato anch’io questa tendenza. Sarà un Festival con la cassa in quattro.

Per la gioia dei club, ma innanzitutto delle radio.
Per me le radio sono molto importanti e il successo di un brano lo si misura dalla durata del tempo che le radio gli dedicano. Non faccio mai una comparazione dei pezzi a tavolino e li scelgo a sensazione, dopodiché tendo a prediligere quelli che possono diventare tormentoni. Il testo non basta, se l’impianto musicale è debole.

Canzoni fatte per durare, come quelle che verranno celebrate con le voci che le hanno rese famose: «E poi» di Giorgia, «Terra promessa» di Eros Ramazzotti, «Non ho l’età» di Gigliola Cinquetti.
Trenta, quaranta e sessant’anni dopo: bello e doveroso, come l’omaggio alla figura di Toto Cutugno.

Già pronto per Sanremo ’25?
Ho promesso alla Rai di dare una risposta, il fatto che mi chiedano di continuare mi rende orgoglioso. Ma il sesto Festival consecutivo sarebbe un record e non mi sembra moralmente giusto farne uno in più, di seguito, rispetto a Mike Bongiorno e Pippo Baudo.

Baudo ci ha scherzato sopra: «Ne ho fatti 13, hai voglia tu...»
Baudo è eccezionale e quando vuol venire a Sanremo la porta è sempre aperta. A lui mi ero rivolto quando mi chiesero di condurre: «Pippo, come si organizza il Festival?». Pranzammo insieme e mi aprì gli occhi, dandomi le linee-guida da seguire. Da lui ho imparato che non c’è Festival senza polemiche. Al tempo stesso, Sanremo unisce l’Italia. Ne sono innamorato. È come costruire una casa: quando capisci che sta finendo, non vedi l’ora di aprirla e mostrarla. Pippo mi ha insegnato che chi conduce deve gestire tutto, ascoltare le canzoni e sceglierle da sé. Gli ho dato retta: da buona Vergine ho tutto sotto controllo».

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