Astutillo Malgioglio,
il portiere con le
mani forti e il cuore d’oro

di Vincenzo Corbetta
Astutillo Malgioglio: ha 62 anni
Astutillo Malgioglio: ha 62 anni
Astutillo Malgioglio: ha 62 anni
Astutillo Malgioglio: ha 62 anni

A Brescia nessuno dimentica Astutillo Malgioglio, 62 anni, per brevità Tito, numero uno non solo di maglia. Lo è nella vita per generosità, bontà d’animo, un campione autentico nel capire e comprendere le scelte degli altri, anche se non sono le sue. Da portiere gioca per 5 anni nel Brescia, dal 1977 al 1982, con 159 presenze. Sportivamente conosce gioie (la promozione in A nel ’79-80) e dolori (la doppia retrocessione dalla A alla C nel biennio successivo). Il palmares non è indifferente: con l’Inter uno scudetto (quello dei record nell’88-89 con Trapattoni: è la riserva di Zenga), una supercoppa italiana e una Coppa Uefa; con la Roma una Coppa Italia. Ma a Brescia scopre la sua missione, quando visita un centro per persone disabili. Non si spaventa, anzi resta impressionato: «Quel giorno pensai: amo il calcio, ma è un mondo chiuso, ti nega tutto, la vita non può essere solo questo», racconta negli incontri in giro per l’Italia. È la scintilla. A nemmeno 20 anni. Così fonda l’associazione «Era 77». «Era» è l’acronimo del nome della moglie (Raffaella), della figlia (Elena) e del suo; 77, l’anno di fondazione. E grazie a Luciano Dorcelli, che lavora all’assessorato allo sport, è messo in contatto con la cooperativa Domus Caritatis. In campo usa le mani per parare; fuori per accarezzare, sostenere, dare, ricevere. E non ha più smesso: «Del calcio mi manca solo il tuffo, niente altro», assicura. A segnalarlo al sindaco di Brescia Emilio Del Bono e alla commissione del Premio Bulloni è Paolo Parizzi, un grande tifoso del Brescia che, alla passione per la magica maglia con la «V» bianca (ha allestito tra l’altro la mostra sul presidente Gino Corioni), unisce una grande umanità. Parizzi ha l’adesione di giornalisti, campioni del mondo (Altobelli, Cabrini), ex ct (Prandelli), storici ex biancazzurri (De Paola, Hubner, Caracciolo), i compagni di squadra di Malgioglio, di quel fantastico campionato ’79-80: Guida, Dario Bonetti, Biagini, Pasquale Iachini, Venturi, Penzo, Podavini, Bonometti (421 gare in biancazzurro: nessuno come lui), Bettinelli, Salvioni, Galparoli. SCRIVE PARIZZI nella lettera di presentazione al sindaco Del Bono: «Una sua frase mi ha colpito: “Brescia e i bresciani sono la mia casa, la mia gente“, e nel prosieguo della chiacchierata mi spiegava che l’attaccamento alla nostra città è dovuto al fatto che qui ha trovato l’input per dare un senso alla vita». E prosegue: «Astutillo è fortemente riconoscente a Brescia e Brescia deve essere altrettanto generosa con lui che spesso torna nella nostra provincia per incontri con gli studenti, convegni sulle tematiche della disabilità, tornei calcistici a scopo benefico». Malgioglio racconta che «la prima volta che vidi quei ragazzi fui colpito dalla loro solitudine. Tendevano la mano, avevano qualcosa di grande da dare, nessuno li considerava». A Brescia concilia la professione di calciatore e il tempo dedicato ai disabili: «Pensavo che il Brescia sarebbe stata la mia ultima squadra, non me ne sarei mai andato». Invece nell’82 viene ceduto alla Pistoiese. E quando gioca nella Lazio, è tristemente famoso lo striscione «tornatene dai tuoi mostri» che lo ferisce a tal punto che, dopo una gara persa in casa contro il Vicenza, sputa sulla maglia e la getta verso la curva che lo insulta dal primo minuto. Capisce che con il calcio è meglio smettere. Si dedica ai suoi ragazzi speciali, una missione partita da Brescia. Dove nessuno lo dimentica. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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