L'INTERVISTA

Mattinzoli: «In politica la coerenza è importante: per questo voterò il centrodestra»

di Giuseppe Spatola
L'ex assessore rompe il silenzio dopo l'addio a Fi.
Mariastella Gelmini, oggi in Azione, con Alessandro Mattinzoli ai tempi di Forza Italia
Mariastella Gelmini, oggi in Azione, con Alessandro Mattinzoli ai tempi di Forza Italia
Mariastella Gelmini, oggi in Azione, con Alessandro Mattinzoli ai tempi di Forza Italia
Mariastella Gelmini, oggi in Azione, con Alessandro Mattinzoli ai tempi di Forza Italia

Nato a Desenzano nel 1959, Alessandro Mattinzoli è stato sindaco di Sirmione dal 2009 al 2018, vice presidente della Provincia di Brescia, prima di arrivare al Pirellone ed essere nominato assessore prima allo Sviluppo Economico quindi alla Casa e Housing sociale. Con l’addio di Mariastella Gelmini a Forza Italia e il passaggio ad Azione, Mattinzoli ha lasciato gli azzurri e per «coerenza» ha rimesso le deleghe ad Attilio Fontana tornando in consiglio al Gruppo Misto. Oggi si considera un «panchinaro» della politica, anche se le proposte di tornare in campo non sono mancate.

Cosa le ha lasciato l’esperienza di amministratore regionale?
Questi cinque anni non sono stati sicuramente facili e hanno costretto gli amministratori ad affrontare una emergenza come il Covid. Se devo trovare il positivo dei due assessorati sicuramente credo che sia mio merito aver creato un clima di dialogo con la piccola e media impresa e l’istituzione. Penso al mondo delle cooperative, all’artigianato e il commercio. Insieme sono stati raggiunti risultati importanti. Per la casa sono rimasto affascinato dal mondo che è in ritardo sulla capacità di ridisegnare con un patto sociale vero il rapporto tra amministrazioni e il patrimonio pubblico.

Come giudica la gestione della pandemia, dal momento che è stato il primo assessore a essere ricoverato in gravi condizioni in ospedale nel pieno della prima ondata?
C’è stato un momento che sentendo le sirene delle ambulanze dalla stanza dell’ospedale pensavo fosse scoppiata la terza guerra mondiale. Il Covid è stato dirompente. Nessuno poteva essere preparato a una cosa del genere. Non mi sento di giudicare, perché chiunque si fosse trovato nella situazione dell’assessore Giulio Gallera o del presidente Attilio Fontana avrebbe avuto grosse difficoltà. Il 2020 ci ha cambiato profondamente, non solo a livello economico, ma sociale. Bisognerà capire di più tra qualche anno. Accettai anche il cambio di deleghe comprendendo che dopo la pandemia serviva un colpo di vento deciso.

Poi il passo a lato dopo lo scisma di Mariastella Gelmini...
Penso che i valori della lealtà, della coerenza e dell’amicizia possano essere applicati anche in politica. Quando Mariastella mi disse di voler uscire dal partito ammetto che mi ha indotto a pensare, perché senza quel suo passo io non sarei mai andato via da Forza Italia. Condividevo con lei alcune critiche, perché Fi era molto centralista e se in passato era stato un valore aggiunto dato dalla leadership di Berlusconi in quel momento rischiava di diventare un peso. C’era bisogno di aprire a un processo di modernizzazione e partecipazione che francamente non si vedeva. Non so i motivi più profondi che hanno spinto Mariastella ad andare via, ma quando vedo tre ministri dire addio qualcosa che non va c’è. Io ho fatto una scelta che alcuni hanno definito poco utilitaristica. Ho infatti dato in mano subito le deleghe a Fontana, senza neppure informare la coordinatrice regionale Licia Ronzulli, che mi ha sempre rimproverato della cosa. I contenuti di Forza Italia sono sempre vicini al mio modo di concepire la politica. Ma in quel momento dovevo fare la scelta senza condizionamenti.

Ci si aspettava però il passo successivo in Azione, al fianco dell’amica ex ministro...
Ammetto di aver fatto una verifica diretta con Carlo Calenda perchè la passione e l’energia verso l’amministrare la sento ancora molto forte. Sento di poter dare ancora qualcosa al pubblico. Se ci fosse stato un progetto centrista allora avrei agito subito. Ma poi ho notato tentennamenti e contraddizioni. Ho sempre detto che non sarei mai andato con il centrosinistra. Si può avere diritto di critica sul partito in cui militi, ma non si può rinnegare la base valoriale che trovo attuale.

Questo è propedeutico a dire che alle regionali il cittadino Mattinzoli voterà Attilio Fontana?
Non dico che partito voterò, ma sicuramente voterò il centrodestra.

Nessuno ha bussato alla sua porta in questi mesi per portarla in squadra?
Sì. Io ho una stima profonda per Letizia Moratti e credo che avesse anche il diritto, per quello che ha fatto, di ambire alla candidatura da presidente. A livello nazionale abbiamo sopportato e assistito a tante alleanze multicolore senza mai chiedere conto delle stesse sul piano della convivenza politica. A livello nazionale mi sarei sentito di fare una esperienza con Azione. Ma a livello regionale no, per la stessa coerenza che ho promesso ai miei genitori quando gli ho spiegato come non mi sarei mai fatto cambiare dalla politica.

L’ha ricercata anche Forza Italia?
Sì, anche Forza Italia ha cercato di riavvicinarmi e ci teneva. Devo ammettere che Adriano Paroli in questo mi ha confermato grande stima, che è reciproca. Ma io ho cercato e cerco un progetto che non cancelli quello che sono stato. Il meglio di me stesso l’ho costruito nel cercare di essere coerente con un percorso. A Paroli ho detto che il mio ritorno non sarebbe stato rispettoso nei confronti dei tre consiglieri uscenti che oggi dovranno contendersi le preferenze. Qualche critica l’ho ricevuta. In amicizia dico che ho liberato un posto...

Sente spesso Mariastella Gelmini?
Ci siamo chiariti politicamente, perché la mia stima è immutata. Credo che Mariastella sia una delle persone che nel suo percorso politico ha sempre cercato di imparare, crescere e migliorarsi. Siamo in grande amicizia, come e più di prima.

Per le regionali le aveva aperto prospettive diverse?
Più di una prospettiva. Dialogare non è vietato. Qualcuno dice che ho sbagliato a frenare. Ma dico che ci possono essere dei momenti di stallo e attesa. Non dico che è una uscita definitiva dalla politica. Ho dovuto prendermi una pausa per mantenere fede alla coerenza promessa ai miei genitori.

Che cosa pensa del boom di FdI e di Giorgia Meloni?
I cittadini sono smarriti e cercano in maniera spasmodica un partito guida. Basti pensare ai successi di Forza Italia, della Lega e dei Cinquestelle. Ora è toccato a Meloni. Non tutti i partiti sono attrezzati per ricoprire i ruoli importanti. Giorgia da Premier sta facendo bene, moderata. Penso a Mauro Parolini che guarda a uno spazio di moderato in FdI e capisco che la Meloni lancia messaggi che uno non può non giudicare interessanti.

La Loggia sarà una battaglia dura. Come vede la candidatura di Fabio Rolfi?
Nessuno può mettere in discussione le sue capacità amministrative. Il tessuto sociale di Brescia è complicato. Dovrà lavorare molto per vincere al primo turno.

L’appuntamento per la Provincia magari tornata all’elezione diretta di consiglio e presidente potrà convincerla a tornare in campo?
Ho dovuto fare l’anno sabbatico. Ma guardo con attenzione ai progetti che potrebbero nascere. Non mi auto candido, ma l’idea di vedere di trovare spazi è concreta se dovessero cercarmi.•.

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