IL CASO/2

La reazione dei parroci: "Però ha ragione il vescovo. La celebrazione va rispettata"

di Flavio Marcolini e Irene Panighetti
Il vicario generale, monsignor Fontana: «In tanti si sono scandalizzati, ma l'abbigliamento non è il solo aspetto. Il richiamo del vescovo? Sulla formula liturgica»

«Molti giornali si sono soffermati solo sulla critica all’abbigliamento inopportuno di don Fabio Corazzina durante la celebrazione eucaristica, peraltro con titoli fuorvianti. Tuttavia l’abbigliamento è solo uno degli aspetti del richiamo, benché anch'esso oggettivo, ma il cuore dell’intervento è altrove. Giova infatti ricordare che il Vescovo ha richiamato don Fabio al rispetto della formula liturgica, in sostanza al rito della messa in sé, dal momento che la sua celebrazione non ha rispettato la ritualità liturgica del messale romano. Quindi ha stigmatizzato anche il modo di trattare le sacre specie, la libertà nel formulare le orazioni e la stessa preghiera eucaristica, l'utilizzo di un bicchiere di plastica come vaso sacro, nonché alcune battute fuori luogo e infelici».

La spiegazione

Così monsignor Gaetano Fontana, vicario generale, il giorno dopo l’intervento del vescovo rispetto alla vicenda che riguarda don Fabio Corazzina: «Era prevedibile il clamore suscitato dall'iniziativa pubblica del Vescovo - ha aggiunto monsignor Fontana - il quale si è sbilanciato rendendo noto un richiamo che avrebbe potuto restare in un ambito riservato. Lo ha invece divulgato perché molti fedeli si sono scandalizzati per le modalità di questa celebrazione eucaristica, trasmessa peraltro anche in streaming sul web».

I sacerdoti bresciani

Dunque la Diocesi ribadisce la propria posizione; ma i sacerdoti bresciani? I pastori delle parrocchie del territorio sicuramente hanno una loro opinione, anche se è difficile farli esprimere. In diversi, contattati da Bresciaoggi, si sono trincerati dietro un «no comment», altri invece hanno risposto: «Ora sono occupato, richiamerò io quando possibile».

Qualcuno invece accetta di fare qualche valutazione come don Umberto Dell’Aversana di sant’Angela Merici: «Premetto che rimangono il rispetto per il vescovo e la stima per don Fabio. Si tratta di una vicenda delicata e in questo momento mi mancano molti elementi che mi piacerebbe invece avere prima di esprimermi. Dico solo che così corriamo il rischio di acuire i contrasti all'interno della comunità dei fedeli, tra gruppi fondamentalisti che stanno strumentalizzando la vicenda, semplici fedeli che rimangono perplessi e gruppi solidali a don Fabio». Atteggiamento simile è quello di don Armando Nolli: «Prima voglio parlare direttamente con don Fabio, siamo amici e voglio capire confrontandomi con lui».

Il rispetto della forma

Diversa invece l’opinione di don Renato Baldussi, della parrocchia di Cristo Re: «Questo è un stato un caso eclatante ma non è l’unico in Italia. Nutro grande stima per don Fabio, per il suo impegno in temi importanti come il disarmo e l’accoglienza, è un uomo generoso che crede alla causa, ma ha sbagliato; celebrare la messa così può offendere il senso comune dei cristiani e quindi andava mantenuta un po’ di dignità nella celebrazione». Anche per don Francesco Ferrari di Santa Maria della Vittoria «la liturgia richiede sempre il rispetto della forma, non deve perdere il suo carattere solenne perché chi vi partecipa sta vivendo in una dimensione soprannaturale. Il vescovo è stato fin troppo bravo, questa volta don Fabio ha proprio sbagliato».

L'abbigliamento durante le celebrazioni

Don Giambattista Francesconi, della parrocchia dei santi Nazario e Celso è meno tranchant, pur ammettendo: «Anche io ho celebrato diverse volte in campeggio ma ho sempre portato con me le cose essenziali, camice e stola almeno, perché ci sono delle regole da rispettare». Don Adriano Verga, della parrocchia di santa Giulia, sostiene che «per l’abbigliamento durante le celebrazioni a noi sacerdoti non è data libertà di scelta, già su quello fuori della liturgia ci sarebbe da discutere ma non è questo il caso. C’è da rispettare una tradizione che va oltre ciascuno di noi, che implica una dimensione profonda e ontologica quindi la veste è importante. Certo, forse il vescovo avrebbe potuto richiamare don Fabio in maniera privata e, dall’altro lato, don Fabio avrebbe potuto non mettere sui social il video e probabilmente tutto sarebbe andato liscio».

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