Il consultorio «Tovini» L’assistenza innanzitutto

L’ingresso  del consultorio Tovini di Breno sulla scena da 25 anni
L’ingresso del consultorio Tovini di Breno sulla scena da 25 anni
L’ingresso  del consultorio Tovini di Breno sulla scena da 25 anni
L’ingresso del consultorio Tovini di Breno sulla scena da 25 anni

I 25 anni di costituzione come associazione erano una ricorrenza troppo importante per non sottolinearla, e senza allestire comunque alcuna celebrazione, il presidente Faustino Testini e la direttrice Guglielmina Ducoli, col consulente ecclesiastico don Mario Bonomi, hanno deciso di ricordare, ieri, storia e attività del consultorio familiare Tovini di Breno, una realtà gestita da da una onlus e che ha avuto tra i fondatori don Paolo Ravarini e Maria Baronchelli. Era nato da un’iniziativa delle zone pastorali della Valcamonica nell’ambito dell’Istituto Pro Familia, che opera nella stessa sede brenese di via Guadalupe. «Di dichiarata ispirazione cristiana», come sta scritto nella presentazione del centro di assistenza, «è una porta aperta alla persona, alla coppia e alla famiglia, senza distinzione di lingua, cultura e religione». L’assistenza alla famiglia e alla maternità sono quindi prioritarie e in applicazione della legge 405 del 1975 vengono assicurate protezione e sostegno sociale e sociosanitario. Il finanziamento delle attività del consultorio è garantito dai soci, da quelli fondatori in particolare, che con i loro atti di liberalità contribuiscono, insieme alle parrocchie, a favorirne l’attività. Ma ci sono anche le donazioni degli utenti. L’accreditamento regionale risale al 2012, ma questa istituzione si è comunque sempre autofinanziata, e non è servito più di tanto a supportare una non facile situazione economica. Nonostante il riconoscimento di un budget limitato dal 2017 (57mila euro) l’istituzione è sopravvissuta comunque fra non poche difficoltà e finalmente lo scorso ottobre la Regione ha assegnato un contributo annuo di 120mila euro che permetterà nel 2022 la realizzazione di diversi progetti fra i quali spicca quello di educazione alla salute. La pandemia non ha ridotto l’impegno dei vertici dell’associazione e del personale (8 psicologi, 6 dei quali psicoterapeuti), oltre ad assistenti sociali, mediatrici familiari e figure sanitarie, che hanno saputo sempre garantire le attività (anche di sabato e senza doversi confrontare con liste d’attesa) tanto che a fronte delle 1.741 prestazioni del 2020, su 287 utenti singoli e 694 partecipanti ad attività promosse, allo scorso settembre se ne potevano contare già 1.700. Quest’anno si è verificato un abbassamento dell’età degli utenti, con richieste in aumento anche da parte di minori, e se la componente femminile è prevalente, anche i maschi hanno richiesto i servizi della struttura di via Guadalupe. L.Ran.

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