Aviaria, oltre un
milione di uova
al macero

Le procedure di distruzione delle uova prodotte dagli allevamenti della Bassa Bresciana
Le procedure di distruzione delle uova prodotte dagli allevamenti della Bassa Bresciana
Le procedure di distruzione delle uova prodotte dagli allevamenti della Bassa Bresciana
Le procedure di distruzione delle uova prodotte dagli allevamenti della Bassa Bresciana

Cinzia Reboni Superano il milione di unità le uova distrutte in seguito all’allerta sanitaria scattata per la presenza di focolai di aviaria in provincia di Brescia. La tregua durava dal novembre 2017, data dell’ultimo caso di influenza dei polli riscontrato nella Bassa. Nei giorni scorsi sono state abbattute 30.725 galline ovaiole in un allevamento di Coccaglio, dove le analisi hanno confermato la presenza del virus ad alta patogenicità sierotipo H5N8. NON ERANO invece colpite dalla malattia le 60.220 galline ovaiole «eliminate» in un’azienda di Pavone: il depopolamento è stato tuttavia effettuato come misura di profilassi - i capi avevano un legame indiretto con la filiera del gruppo commerciale avicolo colpito dall’epidemia nella Bergamasca e in Franciacorta -, ovvero per azzerare ogni ipotesi di contagio. Una misura scattata anche in considerazione del fatto che la Bassa meridionale è stata la zona più colpita dall’ondata del virus di fine anno. Ventidue sono stati i focolai registrati negli ultimi mesi del 2017 nel Bresciano, che hanno portato all’abbattimento di 1,2 milioni di capi e alla distruzione di oltre 2 milioni di uova. I danni diretti di 8,5 milioni di euro e quelli causati dal fermo sanitario delle aziende sono in fase di accertamento, ma secondo le stime superano i 18 milioni. A differenza degli indennizzi per l’abbattimento in carico al dicastero della Sanità che ha già stanziato i fondi necessari, quelli provocati indirettamente dalla patologia saranno risarciti dal ministero delle Politiche agricole, una circostanza che complica non poco l’iter. I CONDUTTORI degli allevamenti tra l’altro rivendicano da tempo una quota delle risorse per il lucro cessante oggi interamente destinate ai grandi gruppi avicoli. Per quanto riguarda gli ultimi casi, in questi giorni si è conclusa l’operazione di sanificazione degli allevamenti con la distruzione di mangimi e uova. Novità rispetto al passato anche lo smaltimento controllato della pollina, ovvero la lettiera mista alle deiezioni dei volatili degli allevamenti colpiti, che rappresenta una delle potenziali fonti di contagio. Attorno ai focolai - come prevede il protocollo di profilassi veterinaria - sono stati avviati due livelli di monitoraggio: nel raggio di un chilometro è in vigore la cosiddetta zona di restrizione che, oltre al blocco della movimentazione di tutti i volatili di allevamento, stabilisce una serie di controlli sierologici intensivi. NEL PERIMETRO di 10 chilometri, zona di sorveglianza, vengono invece disposti rigorosi controlli veterinari sulla fauna selvatica e in tutti gli allevamenti avicoli. Misure che restano in vigore per tutto il tempo necessario a completare i range di esami e che comunque - salvo nuovi focolai - rientreranno entro il 10 aprile. L’Ats di Brescia ha deciso autonomamente di proseguire una campagna di controlli straordinari ad ampio raggio e di verifica delle misure di biosicurezza degli allevamenti, anche in occasione del rilascio delle autorizzazioni all’introduzione di nuovi animali. Sullo sfondo resta l’identificazione dei veicoli di contagio. Neppure in questa ondata di focolai si è identificato un comun denominatore tra le aziende colpite. Sotto accusa resta soprattutto la fauna selvatica, unica fonte del virus che non può essere contrastata con i sistemi di biosicurezza tra i più efficienti e radicati nella rete di allevamenti avicoli bresciani. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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