il reportage

Pesca al siluro, il gigante di fiumi e canali: le lunghe ore d'attesa sul Po

di Mario Pari
Una giornata con i bresciani Beppe, Luca e Nick per la sfida al pesce più grande nelle nostre acque: 24 ore di emozioni, dal montaggio del campo tenda fino al rilascio del pesce
Pesca al pesce siluro, le lunghe ore d'attesa sul Po
Pesca al pesce siluro, le lunghe ore d'attesa sul Po
Dalla preparazione al rilascio: 24h di pesca al siluro

La pesca al siluro lungo il Po assicura emozioni che vanno al di là delle catture. Serve molto di più della voglia di catturare gli «over», i siluri che superano i due metri. È una pesca fatta di sintonia e armonia, in cui ognuno è pienamente consapevole di ciò che deve fare per non lasciare gli altri in difficoltà. Ma il divertimento sta anche in questo, nel capire da uno sguardo quale sarà il prossimo passo per arrivare alla cattura. In quel tratto del Po, l’altro giorno sono arrivati in tre: due da Calvisano e uno da Calcinato. Prima per due di loro il viaggio per comprare le esche, i carassi. Ma il terzo non è rimasto con le mani in mano e ha calato le due barche e il gommone. I tre ragazzi hanno un nome proprio (Beppe, Luca, Nick)  e uno che ricorre per tutti: «Vecio tira la lenza», «Vecio accosta col gommone», «Vecio quando cuoci la scottona?». Siamo stati a pesca con loro, 24 ore ininterrotte pronti alla sfida con il gigante del Po. 

Il Po, la notte e l'attesa

«Il» pesce, per loro è uno solo: il siluro. «Quanti pesci abbiamo preso quella volta?». Anche sei, ma sempre e solo siluri. Gli altri, al massimo, sono pesci -esca, oppure pesci che «ribollono» nel grande fiume all’alba o al tramonto. Ma allora hanno un nome: aspi, cefali, barbi spagnoli, carassi. Sono pesci anche loro, ovviamente, ma non sono «il» pesce.

L’altra notte era partita benissimo e poteva andare meglio, quando in netto anticipo sulle abitudini, alla canna di Nick il pesce si è agganciato alle 17.26. Il «cappotto è stato tagliato», lo zero nelle catture sventato, è sempre importante: se non tutto, molto. Certo andare oltre è capitato tante altre volte. Ma stavolta si è trattato di fare i conti con i gradi dell’acqua precipitati, con il primo fine settimana, veramente, autunnale.  

Con le prime prove di staticità di sua maestà il siluro che decide di rimanere fermo sul fondo, di non sfruttare sensori e barbigli per sapere come e dove nutrirsi. Soprattutto, per chi vuole catturarlo, per sentire, captare il pesce esca che muovendosi, lo richiama, lo attira. In quel tratto del grande fiume i ragazzi sono arrivati poco dopo le dieci del mattino.

L'organizzazione del campo tenda

L’ormeggio tra la vegetazione che dall’argine scendeva per diversi metri nell’acqua, in parte sopra, quindi comodo approdo per spostare dalle barche quello che diventerà il campo tenda, oltre ovviamente all’attrezzatura. Col sole del primo pomeriggio è iniziata la posa delle boe e delle esche. Sono lunghe ore di paziente lavoro in cui un filo che copre l’intera larghezza del corso d’acqua cementa l’amicizia tra i ragazzi.

La preparazione del pasto durante l'attesa
La preparazione del pasto durante l'attesa

La pesca del siluro

In due sulla barca, con l’esca, l’altro in piena sintonia a riva per allentare la frizione del mulinello, chiuderla e tirare, posizionare il sensore sulla canna, lo strumento elettronico che innesca l’adrenalina. Quando le dieci canne sono piazzate, il colpo d’occhio è affascinante: una ragnatela di fili illuminati dagli ultimi raggi del sole che si distende per quasi 300 metri. Sono allineate a venti centimetri l’una dall’altra, tutte col cimino inclinato, quasi ossequiosamente, verso il fiume. Come a chiedere d’essere la prescelta per piegarsi su sé stessa quando sua maestà, avrà strappato il nylon e dovrà giocarsela con il trecciato da 0.50.

Le canne da pesca allineate
Le canne da pesca allineate

Lunghi preparativi e paziente attesa

La pesca al gigante del Po è fatta, così come viene praticata da questi ragazzi bresciani, di meticolosi e lunghi preparativi sul fiume. Una volta scelto il tratto, che verosimilmente già in passato ha dato qualche soddisfazione, magari anche molto grossa, in cui verrà insidiato il siluro, si calano boe e lenze, partendo e ritornando dal punto in cui sono piazzate le tende. Detta così pare quasi una formalità, ma è un’attività molto laboriosa in cui l’osservato speciale è lo scalino. I  pescatori sanno in quale punto del fiume, dove si sta pescando, è situato oppure sono situati. E dove c’è lo scalino, lo sbalzo di qualche metro, in questo caso da quattro a nove, ci sono tanti pesci.

Quindi il siluro passa da quelle parti. Ma non solo. In gran parte dei casi si tratta di cefali che risalgono il Po per la riproduzione. Molti di loro rappresenteranno poi il pasto del siluro. Così, importante non è solo lo scalino, ma lo sono anche quelle spianate di cefali che si vedono col sonar anche in altri punti.

I segnali che il siluro ha abboccato

Lì viene calato il carassio e spesso è proprio da lui che arrivano i primi segnali dell’imminente abboccata. Com’è logico che sia, accade quando il carassio si accorge che qualcuno nutre pessime intenzioni nei suoi confronti e soprattutto che lui sta per nutrire qualcuno. Allora cerca di fuggire e questo provoca lievi vibrazioni del cimino della canna, qualche leggero segnale del sensore. Poi, se tutto va bene, tranne che per il carassio, parte la «brekkata», il segnalatore acustico avverte che è il momento di impugnare la canna. E’ una sorta di cicalino che fa pensare al rumore di un sensore da parcheggio. Ma per il pescatore di siluri rappresenta il coronamento di un’ attesa che si sta protraendo anche da diverse ore.

Le canne da pesca allineate sotto la luna
Le canne da pesca allineate sotto la luna

Un lavoro di mulinello e canna, poi il siluro sulla barca

Tra tronchi galleggianti e vegetazione che affiora, il recupero non è mai semplice, si rende necessaria quasi sempre la barca e un lavoro di avvicinamento al pesce che non crei problemi a tutte le altre lenze. Quello di sabato, in qualche modo è stato un record sulla tempistica dell’abboccata. Alle 17,26, con lo spettacolo del tramonto dietro l’argine quasi completato, il sensore di Nick è impazzito: «C’é, c’é, ma non è grosso». Tra gioia per il combattimento che si stava per profilare e l’esperienza che modula l’emozione. Nick ha fatto lavorare sapientemente, alternandoli, mulinello e canna, il siluro è arrivato sotto la barca e suo malgrado si è mostrato, per poi tornare sotto e sparire.

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Attenzione per ridurre le sofferenze, poi il siluro viene rilasciato

Pochi minuti e la bocca si è affacciata a portata di mano. Ci ha pensato Luca, protetto dai guanti a prenderlo per la bocca e a issarlo sulla barca, condotta da Beppe. Tutto è avvenuto in modo da ridurre al minimo le sofferenze per il pesce, che verrà poi rilasciato e quindi deve essere trattato in tutti i sensi con i guanti, e per proteggere chi lo sta catturando. Tutto ciò mentre Beppe, manovrava la barca districandosi tra le altre lenze e in modo da agevolare il lavoro di Nick e Luca. Alla fine una sobria esultanza, il ritorno alle tende per una lunga notte d’attesa. Ma il sensore «canterà» solo un’altra volta, senza però poter raddoppiare le catture

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