IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE

Aria, Brescia troppo inquinata: deve tagliare le emissioni di Pm10 e Pm2,5

di Natalia Danesi
natalia.danesi@bresciaoggi.it
A certificarlo il report di Legambiente secondo cui vanno ridotte rispettivamente del 38%e del 50%. Lieve miglioramento nell'ultimo decennio, ma la strada è ancora lunga
Aria malata, Brescia ancora tra le ciittà più inquinate d'Italia
Aria malata, Brescia ancora tra le ciittà più inquinate d'Italia
Aria malata, Brescia ancora tra le ciittà più inquinate d'Italia
Aria malata, Brescia ancora tra le ciittà più inquinate d'Italia

A Brescia non si respira aria buona. E' cosa nota, ma a certificarlo ancora una volta è il rapporto di Legambiente "Mal'Aria 2023" che posiziona la nostra città tra le più inquinate d'Italia. Secondo l'associazione ambientalista, è necessario un taglio di almeno il 38% delle emissioni di Pm10, del 50% di Pm2,5 e del 23% del biossido di azoto. Se è vero che qualche passo avanti è stato fatto (nell'ultimo quinquennio si è registrata una variazione del -3% delle Pm10 e del 5% delle Pm2,5) la strada da percorrere è ancora molto lunga.

Maglia nera anche per il numero di superi annuali

Brescia maglia nera anche - si legge nel rapporto - per il numero di sforamenti annuali del limite di 50 microgrammi al metro cubo: la centralina del Sereno ne ha infatti registrati 60 nel 2022 a fronte dei 35 consentiti dall'Unione Europea. Il valore medio annuale per le Pm2,5 si attesta inoltre a 20 microgrammi al metro cubo, poco al di sotto del limite normativo di 25 microgrammi mentre per le Pm10 si ferma a 32 microgrammi, un po' più distante dalla soglia massima (40)

Dal 1 gennaio 2030 i nuovi limiti stabiliti dall'Unione Europea

Il limite raccomandato dall'Oms è tuttavia di 20 microgrammi e sono ben 72 le città in Italia fuorilegge, sulle 95 prese in esame nel rapporto. Secondo Legambiente, alcune città devono lavorare di più per ridurre le loro concentrazioni di inquinanti e adeguarsi ai nuovi limiti stabiliti dall’Unione europea, che entreranno ufficialmente in vigore il 1 gennaio 2030 (20 g/mc da non superare per il Pm10, 10 g/mc per il Pm2.5, 20 g/mc per l’NO2). Limiti che tuttavia sono meno rigidi di quelli dell’Oms.

La tendenza di decrescita dell'inquinamento è troppo lenta

Le città che devono impegnarsi di più sono Torino e Milano (riduzione necessaria del 43%), Cremona (42%), Andria (41%) e Alessandria (40%) per il Pm10; Monza (60%), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (57%), Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia appunto, Asti e Mantova (50%) per il Pm2.5; le città di Milano (47%), Torino (46%), Palermo (44%), Como (43%), Catania (41%), Roma (39%), Monza, Genova, Trento e Bolzano (34%), per l’NO2.

Secondo l’associazione, «la tendenza di decrescita dell’inquinamento è troppo lenta, esponendo le città a nuovi rischi sanitari e sanzioni». Le città più distanti dall’obiettivo previsto per il Pm10 «dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni tra il 30% e il 43% entro i prossimi sette anni, ma stando agli attuali trend di riduzione registrati negli ultimi 10 anni (periodo 2011-2021, dati Ecosistema Urbano), potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungere l’obiettivo, ovvero il 2040 anzichè il 2030».

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