il lutto

Brescia piange Redento Peroni, tra i feriti della Strage di piazza Loggia: otto schegge gli penetrarono il corpo

di Flavio Marcolini
A pochi mesi dal cinquantenario se ne è andata una delle figure più assidue nella ricerca della verità su quella bomba

A pochi mesi dal cinquantenario della strage di Piazza Loggia è scomparso oggi, 10 febbraio, Redento Peroni, una delle figure più assidue nella ricerca della verità su quella bomba che, conficcandogli nel corpo otto schegge (due se le porterà nella tomba), lo ha minato per sempre nel fisico e nello spirito.

Chi era Redento Peroni?

Nato nel 1938 da una famiglia antifascista - il padre era stato fu più volte bersaglio delle persecuzioni del regime -, Peroni ha avuto per mezzo secolo negli occhi e nelle orecchie tutto intero il ricordo di quella mattina del 28 maggio 1974: la manifestazione, il maltempo, quella frase “Gnaro, vé dènter che ‘l piöf", i passi che miracolosamente gli salvarono la vita.

Una vita, la sua, spesa a testimoniare con i compagni quell’orrore, conducendo per decenni l'impegno per una verità che sia giustizia e una memoria che non si limiti alle commemorazioni, sviluppando un percorso personale e politico che dalle ferite ricevute quel giorno trasse la forza per lottare contro latitanze, omissioni, depistaggi. Quest’operaio testimone oculare dell'eccidio fascista era sempre attento e informato sul lungo e tortuoso iter della ricostruzione giudiziaria, con i suoi colpevoli silenzi e le sentenze, fino a giungere alle prime condanne a oltre quarant’anni di distanza.

La memoria portata avanti

I sui “occhi azzurri di figlio” seppero diventare “gli occhi azzurri di nonno” che ha raccontato quella tragedia ai nipoti e a tutti coloro che volevano conoscere. “Io spero che il nostro modo di fare memoria serva a far crescere consapevolezza e capacità critica, utile a scegliere comportamenti leali e rispettosi nella vita” diceva.

Quante volte in questi anni è andato con la mente e i racconti alle vite spezzate di Vittorio Zambarda, Euplo Natali, Giulietta Banzi, Alberto Tedeschi, Clementina Calzari, Livia Bottardi, Bartolomeo Talenti, Luigi Pinto, donne e uomini che amavano la vita, studiavano, lavoravano, con aspirazioni e ideali che erano impegno quotidiano e che, come Redento, quel giorno non potevano che essere in quella piazza, rossa di bandiere e poi ad un tratto del loro sangue innocente.

Uomo di una gentilezza di altri tempi, intelligente e socievole, era anche un assiduo ricercatore di funghi e imbattibile nel cucinare lo spiedo. Sei anni fa salì alla ribalta delle cronache come protagonista del romanzo dello scrittore Marco Archetti, «Una specie di vento», uscito per Chiarelettere, nelle cui pagine brilla la sua testimonianza, puntualmente suffragata dai documenti storici.

Il ricordo di Archetti 

E proprio Archetti lo ricorda commosso: "Era un uomo leale. Tutto sostanza. Uno che aveva addosso la storia di suo padre e ne ha incarnato indefettibilmente i valori. Una figura romantica, direi se non l'avessi conosciuto. Ma l'ho conosciuto, ed era proprio così. Gli ho voluto molto bene e continuerò”.

I funerali di Redento Peroni

In queste ore la salma riposa nella sua abitazione, al civico 55 della traversa settima al Villagio Sereno, meta di un mesto pellegrinaggio di amici, compagni e semplici cittadini che si stringono attorno alla moglie Marisa e alle figlia Silvia, Lidia, Elena ed Efri e alle loro famiglie.

Da qui partiranno i funerali lunedì 12 febbraio alle ore 15.30 per la cerimonia religiosa che si svolgerà nella Chiesa parrocchiale di San Filippo Neri, dopo la quale verrà tumulata al cimitero delle Fornaci.

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