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Commozione in aula d'assise dopo la lettura della sentenza: la famiglia della vittima non può trattenere le lacrime
L'abbraccio della famiglia di Mario Bozzoli dopo la lettura della sentenza
L'abbraccio della famiglia di Mario Bozzoli dopo la lettura della sentenza
Intervista alla moglie di Mario Bozzoli - OnlyCrew

La sentenza è stata appena letta. I cronisti corrono, inseguono, assediano per catturare commenti, reazioni. C’è Adelio, il padre di Giacomo Bozzoli, l’imputato condannato all’ergastolo, accompagnato all’esterno del tribunale dall’avvocato Luigi Frattini. E c’è l’imputato stesso, che sembra si sia lasciato sfuggire un’imprecazione dopo la lettura del pesantissimo dispositivo nei suoi confronti. Lo stesso Giacomo Bozzoli che, rivolgendosi a un cronista, dopo essersi messo le mani nei capelli durante la lettura della sentenza, chiede quasi non riuscisse a rendersene conto: «Ma mi hanno condannato?».

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Le reazioni della famiglia Bozzoli alla lettura della sentenza

Poco lontano il fratello Alex, seduto, non trattiene le lacrime. Commozione, ovviamente di natura diversa, si coglie anche tra Irene Zubani, la moglie di Mario Bozzoli e i figli Claudio e Giuseppe. «Quello che è successo - commenta brevemente - è successo, è giusto che chi ha sbagliato paghi. Non si può essere felici, rimane un senso di amarezza. Ho ancora paura, come se non fosse vero. Ritengo che la corte abbia fatto le valutazioni giuste. Mio marito comunque non ritorna».

Sentenza di primo grado, ma colpevolezza accertata dopo il passaggio in giudicato

Si allontana e l’avvocato Vanni Barzellotti, che con Vieri Barzellotti e il legale dell’associazione Penelope ha rappresentato le parti civili, sottolinea: «Questa è una sentenza di primo grado e la colpevolezza dell’imputato può dirsi accertata soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza. La presunzione d’innocenza continua ad accompagnare Giacomo Bozzoli anche se questa sentenza ha accolto la richiesta che venisse affermata la sua colpevolezza».

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La lettura della sentenza di ergastolo

  «La parola ergastolo che è risuonata in questa aula crea emozione anche in noi e noi abbiamo ispirato la nostra condotta e abbiamo formulato le nostre richieste avendo nel cuore la volontà e nella mente la capacità di poter dimostrare la colpevolezza dell’imputato. Non abbiamo mai sollecitato pene esemplari e non siamo mai stati animati da intenti vendicativi. La motivazione della sentenza darà conto delle ragioni che hanno portato a vedere l’accoglimento delle richieste d’affermazione di colpevolezza dell’imputato, colpevolezza nella quale noi abbiamo creduto e oggi rassicurati e rinfrancati da questa decisione continuiamo a credere».

Non finisce qua: la sentenza sarà impugnata

La vicenda giudiziaria non è conclusa: «Il processo non finisce qui. L’imputato eserciterà il suo diritto d’impugnare la sentenza e di rivolgere ad altri giudici le sue istanze e le sue richieste perchè venga riconosciuta la sua innocenza. Innocenza della quale il suo valoroso difensore è convinto e continuerà evidentemente con forza a rappresentare. Noi con altrettanta forza siamo convinti che questa sia stata la decisione giusta conseguita a un processo giusto».

Il momento chiave? «Questo lo leggeremo nella sentenza. Certamente credo che il processo abbia visto rafforzata la prospettiva accusatoria con l’esito della perizia disposta sul forno. Dato che sul piano probatorio, nella nostra previsione la corte d’assise l’ha valutato nella sua rilevanza. Ma, ripeto, è giusto e doveroso, è un modo obbligato di rispettare anche il lavoro della corte d’assise, attendere le motivazioni. Se la corte non avesse ritenuto gli indizi precisi, gravi e concordanti avrebbe assolto. Ora ci sono almeno due gradi di giudizio da percorrere e bisogna attendere». •. M.P.

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