«Economia circolare
Brescia può diventare
la nuova capitale»

di Eugenio Barboglio
Il presidente Pasini (al centro) con alcuni dei vertici dell’Aib
Il presidente Pasini (al centro) con alcuni dei vertici dell’Aib
Il presidente Pasini (al centro) con alcuni dei vertici dell’Aib
Il presidente Pasini (al centro) con alcuni dei vertici dell’Aib

Non è un mistero: l’economia bresciana dopo sei anni di crescita ha rallentato. Lo ha detto l’Aib nell’ultima trimestrale: -0,9 per cento. Una discesa dopo 23 trimestri in crescita, poco magari, ma in aumento. È che Brescia è più che mai una provincia della Germania. E con i Lander entrati in crisi, anche Brescia li ha seguiti. Dazi, guerra commerciale tra Usa e Cina, Brexit: tutti fattori che certo non aiutano le imprese bresciane forti nell’export. Ma nulla conta come la frenata della produzione industriale tedesca, che quest’anno è stata molto al di sotto delle previsioni: -4,2% rispetto all’anno precedente il dato dell’estate. A determinare la battuta d’arresto, il calo dell’export che trainava l’economia di Berlino. E uno dei vagoni più importanti al traino della locomotiva d’Europa è proprio l’industria bresciana, di qui il passo indietro della meccanica e siderurgia, del settore delle apparecchiature elettroniche. Non a caso le esportazioni della nostra provincia sono calate più delle medie lombarde: -3.2% contro lo 0,2%. Laddove si vede quanto Brescia sia legata a Berlino. È IL QUADRO tracciato da Giuseppe Pasini, presidente dell’Associazione industriale bresciana in occasione dell’incontro di fine anno con i media. Un quadro che non si discosta da quello che aveva caratterizzato la sua relazione all’assemblea dell’associazione di via Cefalonia; da allora è cambiato poco o niente, se non il Governo cui non aveva fatto mancare le sua critiche, mentre ieri ha preferito glissare sull’attuale Esecutivo. Salvo ricordare che nella crisi, come nei cambiamenti che investiranno la produzione e il lavoro (nella chiave dell’economia circolare), «le imprese non devono essere lasciate sole». Tuttavia il leader degli industriali bresciani, in corsa per la presidenza di Confindustria, non è pessimista sul futuro dell’economia bresciana, anche se i primi sei mesi dell’anno li vede ancora problematici, «con l’Ue che non riesce a contare e Usa e Cina che si fanno la guerra». Ma se guarda un po’ oltre, Pasini si convince che «Brescia può essere parte attiva del grande cambiamento». Che è poi il cambiamento dettato dalla produzione che deve assecondare e adeguarsi alla sostenibilità ambientale, all’agenda di riduzione delle emissioni che Von Der Leyen ha voluto particolarmente «sfidante». «Brescia può diventare la capitale dell’economia circolare», ne è convinto il leader degli industriali bresciani. «Abbiamo gli asset industriali per posizionarci sui nuovi modelli di sviluppo». Il cambiamento, ad esempio, della mobilità - spiega - non è solo l’auto elettrica «ma tutta una serie di fattori che coinvolgono e impattano sui processi di produzione». E le imprese bresciane sono in grado di affrontare le nuove sfide, ma - ripete Pasini - non possono essere abbandonate a sè stesse: «Al Governo parlano di New Deal Green, però poi la manovra mette tasse come quella sulla plastica e prende provvedimenti come la confisca dell’azienda. Stiamo attenti! Non possiamo permetterci di perdere comparti e filiere». GLI ELEMENTI di ottimismo non mancano, e sono: la fiducia della centralità della manifattura in generale e della siderurgia in particolare, «tant’è che perfino Landini parla apertamente di siderurgia come non ha fatto nessuno degli ultimi governi»; e il clima sociale che si fonda - ricorda - su una disoccupazione contenuta e su relazioni industriali improntate al dialogo. Certo, se poi guarda al mercato domestico, al sistema-Paese, a Pasini qualche dubbio viene: «Il tasso di crescita dell’Italia è dello 0,1 per cento, il che significa non solo che è un’economia ferma, ma che possiamo parlare di decrescita». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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