l'interrogatorio

Omicidio di Nuvolento, le parole della moglie: «Ero davanti a lui e l’ho colpito alla gola con tutte le mie forze»

di Paolo Cittadini
Raffaella Ragnoli ha ricostruito davanti al pubblico ministero e al gip come sabato sera ha accoltellato a morte il marito Romano Fagoni
L’abitazione di Nuvolento  dove si è consumato il delitto Foto ONLY CREW
L’abitazione di Nuvolento dove si è consumato il delitto Foto ONLY CREW
L’abitazione di Nuvolento  dove si è consumato il delitto Foto ONLY CREW
L’abitazione di Nuvolento dove si è consumato il delitto Foto ONLY CREW

«Non so cosa mi sia passato per la testa, avevo paura che potesse succedere qualcosa a mio figlio. Sono scattata i piedi ho preso un coltello da cucina e glielo ho puntato alla gola chiedendogli cosa provasse a sentire la lama. Si è alzato in piedi e mi ha scansato con una manata facendomi indietreggiare, quando si è riseduto gli sono andata davanti e ho affondato la lama nella gola. Lui mi ha guardato e mi ha detto “Raffi, cosa stai facendo?”». Così Raffaella Ragnoli ha ricostruito davanti al pubblico ministero la prima coltellata sferrata sabato sera al marito Romano Fagoni, raggiunto poi da altri cinque fendenti alla gola e morto poco dopo sotto gli occhi del loro figlio quindicenne.

I particolari emersi dall'interrogatorio di convalida

Una racconto che la donna, detenuta da domenica mattina a Verziano con l’accusa di omicidio volontario, ha ribadito anche nell’interrogatorio di convalida che martedì mattina si è svolto in carcere e nel corso del quale ha aggiunto ulteriori particolari. «Quando si è alzato ha cercato di disarmarmi - ha spiegato al gip Andrea Gaborardi durante le due ore di interrogatorio (parole che hanno trovato riscontro nella testimonianza del figlio sentito dal pubblico ministero titolare dell’inchiesta, in modalità protetta, la notte dopo l’omicidio) -. Ma non avrei mollato per nessun motivo al mondo il coltello. Se me lo avesse strappato avrebbe ucciso o me o nostro figlio. Ho usato tutta le energie che avevo per colpirlo e per impedirgli di reagire».

Dopo la prima coltellata, che sarebbe stata sferrata dall’alto verso il basso, Fagoni avrebbe cercato di reagire e sarebbe quindi nata una colluttazione nel corso della quale entrambi erano caduti a terra. «A quel punto gli sono saltata addosso a cavalcioni - ha raccontato la 56enne prima al sostituto procuratore Flavio Mastrototaro e poi al giudice per le indagini preliminari -. Avevo ancora il coltello, ma non ricordo se e quante volte l’ho colpito. Lui mi continuava a chiedere cosa stessi facendo, poi è riuscito a rimettersi in piedi. Ha fatto il giro del tavolo, ma è caduto di nuovo a terra. Non ricordo però se ho inferto altri colpi. Mio figlio, dopo la prima coltellata, si è messo a urlare e si è allontanato per chiedere l’intervento dei soccorsi».•.

La donna resta in carcere, il gip: "Incapacità di reagire con equilibrio"

«Raffaella Ragnoli con azione efferata e cruenta ha intenzionalmente cagionato la morte del marito. La dinamica dell'azione omicidiaria rendono inconferente qualsiasi richiamo alla causa di giustificazione della legittima difesa». È questo uno dei passaggi dell'ordinanza con cui il gip Andrea Gaboardi, non convalidando il fermo disposto dal pubblico ministero, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere per Raffaella Ragnoli

 «Le modalità, le motivazioni e il contesto della condotta denotano un'evidente incapacità di reagire con equilibrio e raziocinio a eventi avversi - scrive il gip nelle 20 pagine dell'ordinanza -. Allarma anche la personalità dell'indagata la quale, parlando con i figli e durante l'interrogatorio, non ha manifestato alcun segno di pentimento. Nel corso dell'udienza di convalida, preoccupandosi esclusivamente dei patimenti indirettamente provocati al figlio adolescente, non ha mostrato rincrescimento per la morte del coniuge, rivelando lo scarso significato da lei attribuito al valore della vita».

Nell'ordinanza con cui il gip ha disposto la custodia in carcere, rigettando la richiesta di domiciliari avanzata dai legali della donna, vengono ricostruiti anche i minuti immediatamente successivi al delitto quando il figlio minore della coppia era al telefono con i soccorritori. «L'ho copat, l'ho copat (l'ho ucciso, l'ho ucciso) - avrebbe urlato la donna al figlio che alla domanda sul perché lo avesse fatto si era sentito rispondere -. Ti avrebbe ucciso, ti avrebbe ucciso e basta».  

 

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