«Farmaci di
emergenza, vanno
maneggiati con cura»

di Lisa Cesco
Lavorare in emergenza richiede grande competenza e lucidità
Lavorare in emergenza richiede grande competenza e lucidità
Lavorare in emergenza richiede grande competenza e lucidità
Lavorare in emergenza richiede grande competenza e lucidità

Per provare a capire cosa può essere successo all’ospedale di Montichiari nelle prime settimane della pandemia bisogna entrare nel tempo del Pronto soccorso, il tempo del qui ed ora, dove la gestione delle emergenze è una trama sottile, fragile, che bastano pochi secondi a spezzare. PAOLO MARZOLLO la conosce bene: nella sua lunga carriera culminata alla guida del Pronto Soccorso dell’ospedale Civile di Brescia, che ha lasciato nel 2016 per la pensione, ha osservato e curato ogni tipo di pazienti ad altissimo rischio. Ma davanti alla vicenda dei farmaci letali che sarebbero stati somministrati a pazienti Covid dal responsabile del Pronto soccorso di presidio – dice - «sono rimasto di stucco». Carlo Mosca lo aveva conosciuto ai tempi del suo primariato a Montichiari, quando il medico oggi agli arresti era un suo giovane apprendista. «Un gran sgobbone, uno che non si tirava mai indietro, se c’era un turno da coprire era sempre disponibile», ricorda. Le informazioni trapelate dall’indagine in corso parlano della somministrazione di farmaci anestetici miorilassanti, usati solitamente nelle procedure di intubazione e sedazione, che avrebbero portato alla morte di due pazienti affetti da Covid. «I miorilassanti sono una gamma molto ampia di farmaci, con gradazioni dai più ai meno forti: ci sono i curari, i depolarizzanti che possono portare a blocco respiratorio e altre tipologie, in grado di provocare, oltre a effetti diretti, anche effetti collaterali – spiega lo specialista -. Si utilizzano nei pazienti che devono essere intubati e ventilati, perché l’organismo non faccia “contrasto” contro il respiratore». IN QUESTA casistica rientrano ad esempio i malati con polmonite interstiziale da Covid che vanno in insufficienza respiratoria, e hanno bisogno di un supporto meccanico che assicuri l’ossigenazione. Ma tali farmaci ad effetto anestetico e bloccante neuromuscolare, che nei casi all’attenzione della Procura avrebbero causato un repentino aggravamento delle condizioni di salute fino alla morte, si possono utilizzare in pronto Soccorso, o sono di competenza stretta del rianimatore? «È qualcosa che in Pronto soccorso, quando ci sono situazioni di emergenza, si fa. Se ad esempio il rianimatore è reperibile, ma in attesa del suo arrivo non si possono perdere secondi preziosi, può accadere che li somministri il medico dell’emergenza. Del resto questi frangenti si configurano come stato di necessità – chiarisce Marzollo, che “nasce” come anestesista rianimatore -. Certo è che si tratta di farmaci di emergenza, che vanno maneggiati con prudenza e conosciuti sulla punta delle dita». IN PRONTO soccorso il tempo si contrae, spesso diventa un nemico da combattere quando davanti a un’emergenza - «che significa, o si fa qualcosa subito o il paziente muore» - le scelte devono essere prese in pochi istanti (come nel caso di malati da mettere sotto respiratore). «Quando l’emergenza, l’inaspettato accade in sala operatoria, abbiamo già molti dati sul paziente, possiamo basarci sull’anamnesi e valutare, ma quando arriva in Pronto soccorso l’intervallo è molto stretto e l’imperativo è fare in fretta - racconta lo specialista -. Qual è la nostra luce-guida in quei momenti? Decidere in scienza e coscienza, usare buon senso e intuito clinico, avere una solida esperienza. E poter contare su un bagaglio di tanto, tanto studio» conclude Paolo Marzollo. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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