IL PRESIDIO

L’urlo degli ambulanti: «L’80 per cento di noi è a rischio fallimento»

di Marta Giansanti
Ieri mattina pacifica manifestazione nel cortile della sede della Prefettura
La delegazione  di commercianti «itineranti» che ieri mattina in Broletto ha voluto fare sentire la propria voce anche alle istituzioni locali
La delegazione di commercianti «itineranti» che ieri mattina in Broletto ha voluto fare sentire la propria voce anche alle istituzioni locali
La delegazione  di commercianti «itineranti» che ieri mattina in Broletto ha voluto fare sentire la propria voce anche alle istituzioni locali
La delegazione di commercianti «itineranti» che ieri mattina in Broletto ha voluto fare sentire la propria voce anche alle istituzioni locali

•• «L'80 per cento dei tremila ambulanti nel Bresciano è a rischio fallimento». È questo il grido d’allarme lanciato ieri dai rappresentanti della categoria, che ieri si sono ritrovati nel piazzale del Broletto. Una movimentazione organizzata a livello nazionale da Anva Confesercenti per chiedere «di ripartire in sicurezza e avere ristori immediati e adeguati finché la situazione non si stabilizzi». Un’emergenza sociale e lavorativa pronta a deflagrare: nella quasi totalità dei casi il banco è l’unico sostentamento di un intero nucleo familiare. Consegnato nelle mani del capo di gabinetto Stefano Simeone un documento «da far arrivare sul tavolo del Governo», in cui vengono mosse alcune istanze: certezza delle aperture, sostegni consoni, prestiti a lunga scadenza, parità di trattamento tra le attività e un miglioramento della campagna vaccinale. «Il comparto è messo in ginocchio dalle conseguenze della pandemia - sottolinea Sergio Turla, responsabile Anva provinciale - Non possiamo permetterci di aspettare ancora prima di ripartire. Dobbiamo tornare a lavorare, pur con tutte le misure di sicurezza. Siamo qui a rivendicare il superamento di una situazione non più sostenibile, un disagio che rischia di trasformarsi in una rabbia diffusa». Chiedono la riapertura dei mercati con tutte le merceologie anche in zona rossa nei Comuni con meno di 5 mila abitanti e aiuti economici appropriati. «L’obiettivo è quello di non distruggere un patrimonio di imprese ambulanti, tipico della cultura e della storia italiana», sottolineano le associazioni di categoria. Sollecitano prestiti fino a 30 mila euro, con garanzia statale, da restituire a partire dal quarto anno di erogazione e che venga superata la «discriminazione» commerciale prevista dall’allegato 23 del Dpcm 2 marzo 2021. «Attualmente le uniche categorie a lavorare sono limitate all’alimentare e al florovivaistico, il resto rimane a casa - sottolinea l’ambulante Massimo Bonetti - Nei centri commerciali sono fruibili i servizi essenziali. Noi invece non possiamo, pur stando all'aperto, decisamente meno rischioso». Le categorie inserite nell'allegato 23 (tra cui i negozi dedicati all’ intimo e quelli di prodotti per l'igiene) hanno la possibilità di operare solo in modalità «itinerante». «Ma per farlo - spiega Bonetti - è indispensabile avere una licenza apposita che ti permetta di sostare per due orette, ma senza scaricare la merce. Si tratta di un’opportunità senza senso. Il nostro tipo di commercio è strutturato in maniera tale da avere rapporti stretti con i clienti, fidelizzati. Molti di noi hanno provato anche con l'online: è andato bene durante il primo lockdown dopodiché è stata una tragedia». Nel 2020 su 300 giornate lavorative gli ambulanti bresciani hanno mostrato la loro merce al pubblico solo 150 giorni, e il 2021 non è iniziato meglio. «I pochi ristori pervenuti finora sono stati inadeguati e restiamo in attesa dei mille euro, a dir poco insufficienti, del Decreto Sostegni - dichiarano - Qualcuno non li prenderà perché ha registrato un calo di fatturato inferiore al 30 per cento». Ottenuto lo «storno» del pagamento del plateatico da marzo a ottobre del 2020 e la sospensione del versamento del canone unico (plateatici e tassa sui rifiuti) dei primi sei mesi di quest’anno. Peggiore è la situazione per i fieristi o per chi fa sagre, totalmente fermi da un anno. «Quello che chiediamo è di tornare a lavorare e di averne la certezza così da pianificare l'acquisto di merce. Al contrario, abbiamo bisogno di ristori adeguati alla sopravvivenza - rimarca Turla -. Il commercio è vita e se vive il commercio vive anche la città». •.

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