La protesta di Brescia riempie le strade: «Vogliamo lavorare»

di Marta Giansanti
I lavoratori dello spettacolo hanno messo in scena di nuovo la loro protestaPer gli ambulanti una settimana in cui hanno spesso fatto sentire la loro voceGiornata di protesta ieri in città alla vigilia del ritorno in zona arancione SERVIZIO FOTOLIVE
I lavoratori dello spettacolo hanno messo in scena di nuovo la loro protestaPer gli ambulanti una settimana in cui hanno spesso fatto sentire la loro voceGiornata di protesta ieri in città alla vigilia del ritorno in zona arancione SERVIZIO FOTOLIVE
I lavoratori dello spettacolo hanno messo in scena di nuovo la loro protestaPer gli ambulanti una settimana in cui hanno spesso fatto sentire la loro voceGiornata di protesta ieri in città alla vigilia del ritorno in zona arancione SERVIZIO FOTOLIVE
I lavoratori dello spettacolo hanno messo in scena di nuovo la loro protestaPer gli ambulanti una settimana in cui hanno spesso fatto sentire la loro voceGiornata di protesta ieri in città alla vigilia del ritorno in zona arancione SERVIZIO FOTOLIVE

L'aria di protesta ha pervaso il cuore di Brescia. In una sola mattinata, in un sabato ancora dipinto di rosso, le principali piazze cittadine si sono riempite delle molteplici voci di malcontento. Piazza Mercato e piazza Paolo VI hanno accolto le critiche alle «ingiuste decisioni governative», analizzate su più fronti, trasversalmente, settorialmente. Da una parte ambulanti, fieristi, commercianti ed esercenti, dall'altra i lavoratori agricoli stagionali. Poco più in là, all’ombra della Cattedrale, i rappresentanti del mondo della cultura e alcuni infermieri, questi ultimi contrari all'obbligatorietà della vaccinazione al personale sanitario nonostante dichiarino «di non essere no-vax, complottisti o negazionisti». Un pot-pourri di agitazioni e un'unica richiesta condivisa: «La necessità di tornare a lavorare il prima possibile». In caso contrario, la necessità di ristori immediati e adeguati alle perdite subite dalle chiusure forzate. Per gli ambulanti, che solo in questi ultimi giorni hanno iniziato a far sentire alta la loro voce, da domani la musica cambierà. Con l’ingresso della Lombardia in zona arancione, i mercati torneranno ad animare le piazze e le vie di tutti i paesi. Senza distinzione, tutti i prodotti potranno essere venduti. Ma raggiunto questo traguardo ora la preoccupazione è un’altra: la probabilità che le amministrazioni adottino misure restrittive. «Chiediamo ai signori sindaci di non trasformarsi in sceriffi, di non chiudere o aprire i mercati a loro piacimento. Dietro a ogni banco c’è una professione e una famiglia che molto spesso vive solo di questo lavoro. Le città vivono con i mercati - dice Raffaele Cirillo, presidente provinciale di Fiva Confcommercio e tra i promotori della contestazione andata in scena ieri mattina -, l'indotto e tutto quello che gira intorno porta occupazione». Oltre un centinaio i partecipanti. «Vogliamo solo lavorare», l'esortazione più pronunciata. Tra le categorie più colpite dalla crisi generata dall'emergenza sanitaria rientrano anche i lavoratori agricoli stagionali. Per loro oltre al danno anche la beffa: pressoché fermi con il lavoro da più di un anno e esclusi da ogni tipo di ristoro. Migliaia di risorse impegnate negli agriturismi, nel florovivaismo, nel vitivinicolo. Il settore agricolo nel Bresciano occupa 12mila persone, 8mila delle quali sono stagionali, «che stanno pagando pesantemente il prezzo della pandemia a causa della contrazione delle giornate lavorative nel 2020». «Finora hanno percepito solo i due bonus iniziali con il Governo Conte. La maggior parte si trova in una situazione di estrema difficoltà», dichiarano Rossella Gazzaretti, alla guida di Fai-Cisl, Enrico Nozza Bielli segretario generale di Flai-Cgil e Michele Saleri leader di Uila-Uil, riuniti in un presidio fuori dal Broletto. Una protesta organizzata davanti le prefetture di tutta Italia. L’obiettivo: far arrivare le istanze sui tavoli del ministero del Lavoro e dell’Agricoltura. «Se da un lato la tutela del lavoro è stata al centro delle azioni dei vari Dpcm, tra cui le misure del blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione per tutti, dall'altro va ricordato che i precari agricoli non sono coperti da questi provvedimenti - spiegano -. Per loro esiste la Disoccupazione speciale agricola che, in funzione del numero di giornate lavorate nell'anno precedente li indennizza delle giornate perse. Ma nel 2020 sono quasi nulli e il requisito minimo è di aver lavorato almeno 102 giorni in un biennio». Inoltre il Decreto Sostegni di Draghi ha previsto aiuti economici per le imprese e i lavoratori stagionali del turismo ma non degli stagionali agricoli. «Una mancanza profondamente ingiusta», tuonano i rappresentanti che al termine del presidio sono stati accolti in prefettura dove hanno consegnato le richieste da far recapitare al Governo: la garanzia per il 2020 dello stesso numero di giornate lavorate nel 2019, il riconoscimento di un bonus per i lavoratori stagionali agricoli e l’estensione della Naspi ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato. Respingono inoltre il «tentativo di semplificare l'uso dei voucher nel settore». •.

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