la strage di piazza loggia

Marco Toffaloni, la pistola e quel caratteraccio. E ora, 50 anni dopo, lo attende il processo

di Manuela Trevisani
Piazza della Loggia, Brescia, 28 maggio 1974. I sindacati e il comitato antifascista manifestano, esplode un ordigno: otto persone muoiono, altre 102 rimangono ferite. A distanza di mezzo secolo i punti oscuri sono ancora molti

Piazza della Loggia, Brescia, 28 maggio 1974. I sindacati e il comitato antifascista manifestano, esplode un ordigno: otto persone muoiono, altre 102 rimangono ferite. Cinquant’anni dopo, i punti oscuri sono ancora molti.

Il rinvio a giudizio

Nei giorni scorsi il veronese Marco Toffaloni, oggi 66 anni, è stato rinviato a giudizio dal gup del tribunale dei minori di Brescia. Perché all’epoca Toffaloni aveva solo 16 anni. Secondo gli inquirenti fu lui a piazzare la bomba in un cestino portarifiuti, insieme a Roberto Zorzi, attualmente residente nello Stato di Washington, negli Stati Uniti, e a sua volta rinviato a giudizio a fine febbraio. Ma chi era Marco Toffaloni allora, e chi è diventato oggi?

Chi era Marco Toffaloni?

«Tomaten», è così che era conosciuto Toffaloni dai suoi compagni del liceo Fracastoro. Un soprannome che gli avevano affibbiato per i riflessi della sua chioma. Sin da ragazzino non aveva nascosto le sue simpatie per i movimenti di estrema destra e dal 1973 era entrato a far parte della rete di Ordine Nuovo. Nel 1974, quando il movimento era già stato bandito, Toffaloni fu sorpreso in centro città a Verona a distribuire volantini: alla polizia diede un nome falso. Venti giorni dopo, gli stessi agenti lo incontrarono di nuovo in centro e gli chiesero di andare in Questura: lui scappò. Solo un mese dopo la polizia riuscì a identificarlo.

«L’indagato così evidenziava, in questa vicenda, le sue capacità delinquenziali dell’epoca e palesava altresì freddezza e ripetuta scaltrezza, abilità inusuali per un giovane di 16 anni», si legge in una nota dei carabinieri. Tutto ciò avveniva due mesi prima della strage di piazza della Loggia. Proprio in quel periodo, a causa di dissidi con il padre, Toffaloni andò a vivere da una zia. «Aveva un brutto carattere», «era prepotente», riferì la donna agli inquirenti. Lei stessa gli trovò, dentro una credenza, una rivoltella. Dal 1973, infatti, era iscritto al Tiro a segno nazionale, seppur minorenne.

Il «pentito» e la fotografia

A togliere la polvere dal nome di Marco Toffaloni, nel 2011, fu un suo amico, collaboratore di giustizia, il padovano Giampaolo Stimamiglio. «Anche a Brescia gh’ero mi», gli avrebbe detto Toffaloni, riferendosi alla strage di piazza della Loggia. «Son sta mi». Una dichiarazione che risale agli anni Novanta, come avrebbe spiegato Stimamiglio: «Replicai che a quell’epoca era solo un ragazzo e lui, sempre con quel mezzo sorriso sarcastico, confermò quanto mi aveva appena detto, annuendo, come a voler far intendere che, per quanto giovane, aveva le qualità necessarie».

Può «Tomaten» aver millantato il proprio ruolo nell’eccidio? Un’idea che, secondo gli inquirenti, «non trova un riscontro oggettivo, analizzando la personalità dell’indagato, che è sempre stato cauto e accorto nell’operare nel mondo oscuro dell’eversione».

Il giorno della strage

Ad appesantire la posizione di Toffaloni c’è anche una fotografia, in cui il volto del giovane sembra spuntare tra la folla in piazza della Loggia, poco dopo l’esplosione. Una perizia antropometrica avrebbe confermato che è proprio lui il ragazzo ritratto. Eppure il «registro delle assenze generali» (il registro di classe non è stato trovato) del Fracastoro, quella mattina lo dava presente a scuola. Ma ciò, secondo gli inquirenti, «non consente di stabilire, con certezza assoluta, l’effettiva permanenza del medesimo in aula e per tutta la durata delle lezioni giornaliere».

La strage è avvenuta alle 10,12. Già all’epoca si impiegava circa un’ora per raggiungere Brescia. Potrebbe Toffaloni essersi presentato all’appello della prima ora, in modo da crearsi un alibi, e poi andarsene in tempo per raggiungere Brescia? Il successivo 21 giugno, peraltro, il suo nome figura nell’elenco di alcuni giovani interrogati dalla Procura.

Chi è oggi Marco Toffaloni?

Toffaloni oggi vive in Svizzera e ha un nuovo nome, Franco Maria Müller, dal cognome della ex moglie, con cui si era sposato negli anni Novanta. A lungo ha vissuto a Sciaffusa, poi dopo il divorzio si è spostato a Landquart, nella Svizzera tedesca, Cantone dei Grigioni, frazione di Igis. È qui che vivrebbe da una decina di anni, secondo gli ultimi dati a disposizione.

I vicini di casa l’hanno descritto - a cronisti che sono andati a cercarlo - come una persona riservata, di poche parole, un «tipo strano», ossessionato dalle pulizie e dall’igiene in generale, sempre serio, corrucciato. Dopo le dichiarazioni di Stimamiglio, Toffaloni è stato invitato dalla Procura dei minori per un interrogatorio, ma non si è mai presentato.

«Il totale disinteresse, a chiarire la sua posizione giudiziaria, anche solo per dichiararsi estraneo alla vicenda giudiziaria in cui è coinvolto», si legge in una nota degli inquirenti, «certifica per l’ennesima volta la personalità di Marco Toffaloni, il quale non mostra, anche in quella circostanza, nessun tipo di attenzione nei confronti dei familiari della vittime che nel corso degli anni si sono sempre adoperati per avere giustizia sulla strage di piazza della Loggia».

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