l'allarme

Morti bianche, Pedretti: «Cambiare cultura per garantire la sicurezza»

di Magda Biglia
La giovane imprenditrice bresciana, celebrata da Forbes tra gli under 30 più innovatori d'Europa, lavora nell'ambito della sicurezza sui luoghi di lavoro in modo innovativo
Giulia Pedretti, la giovane imprenditrice bresciana impegnata nella sicurezza sul lavoro
Giulia Pedretti, la giovane imprenditrice bresciana impegnata nella sicurezza sul lavoro
Giulia Pedretti, la giovane imprenditrice bresciana impegnata nella sicurezza sul lavoro
Giulia Pedretti, la giovane imprenditrice bresciana impegnata nella sicurezza sul lavoro

  La tecnologia e l’innovazione applicate alla formazione e al controllo in loco per combattere lo stillicidio degli infortuni e delle morti bianche. Un cambio di passo: obiettivo gol zero. L’ambizione viene da una giovane imprenditrice bresciana, 27 anni, da un’ impresa che guarda al futuro in termini di tutela dei lavoratori. Giulia Pedretti è stata celebrata da Forbes tra gli under trenta più innovatori d’Europa, con tanto di copertina. Un cervello in fuga dalla Franciacorta, a 19 anni, verso il mito britannico, tornato nel 2019 con un’azienda propria di successo, la Arteak da 6 milioni di fatturato, dove Giulia era entrata come stagista ma poi se l’è comprata. Il prodotto? Dispositivi di salvaguardia sulla scia della Safe srl di famiglia, a Cazzago San Martino. La sicurezza, in tutte le sue declinazioni: «I nostri clienti erano le grandi multinazionali per le quali la sicurezza è un must, un valore aggiunto ineliminabile su cui investire sempre, non solo per non mettere a rischio la propria forza lavoro ma anche per non compromettere i rapporti con i propri stakeholder, investitori che probabilmente in virtù di un grave danno non capitalizzerebbero più».

Le nuove tecnologie

Anche l’intelligenza artificiale può venire in soccorso nella formazione. L’azienda a Brescia ha in via Volta spazi e una palestra in cui, tramite la realtà virtuale, il partecipante entra nel luogo di lavoro, vede i rischi che può correre e capisce che cosa deve fare per evitarli: «Si deve combattere il pensiero “ho sempre fatto così”, si deve provare, non solo ascoltare seduti lezioni di pur utile teoria per le ore solo imposte dalla legge. E bisogna puntare molto sui giovani, a cominciare dalle scuole, questi esperimenti sono più forti di tante parole, in particolare per loro-. sottolinea Pedretti- Io ho provato a salire virtualmente su un tetto senza legarmi e sono sprofondata, roba da brividi».

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Adesso il dialogo è avviato con le istituzioni: «Sembra esserci interesse, mi piacerebbe vedere concretezza. Bisogna cominciare, partire, non si può più aspettare» è l’appello. Secondo Giulia Pedretti, rispetto all’estero «in Italia è diverso, non esiste lo stesso tipo di cultura, ma vogliamo rivoluzionare gli approcci. Qui c’è molto da fare: salvare vite con la prevenzione è una questione di cultura e i giovani possono contribuire parecchio» racconta l’imprenditrice. Che ha un progetto, partito proprio nei tempi duri del Covid: «Data l’impossibilità di effettuare viaggi e visite sui cantieri, abbiamo messo a punto un dispositivo per connettere il cliente con i nostri tecnici in modo tale da poter operare direttamente sulla problematica in tempo reale. Il dispositivo si basa su comandi vocali, è possibile anche redigere dei report, scattare immagini, video precisi ed inviarli immediatamente. Oggi l’idea che proponiamo alle istituzioni, oltre che ai privati, è questo strumento tecnologico che entra nelle aziende con un tecnico collegato con gli esperti per studiare un sistema di sicurezza su misura, migliorarlo, risolvere questioni, monitorarlo nel tempo. E’ un progetto da costruire nei suoi contorni, mi piacerebbe che fosse preso in considerazione, che servisse stravolgere il concetto di attenzione da punitivo a premiale, con qualche tipo di sostegno. Negli anni di esperienza abbiamo creato un network di 500 tecnici di riferimento altamente specializzati di 19 nazionalità diverse e di tanti settori e abbiamo un centinaio di collaboratori attivi. Si interviene soprattutto in edilizia, dove il numero di infortuni è maggiore, ma ci sono luoghi di lavoro che di per sé sarebbero ben più pericolosi».

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