Il caso

Omicidio Bozzoli, c’è il ricorso in Cassazione

di Mario Pari
Giacomo Bozzoli, che si è sempre proclamato innocente, è stato condannato all'ergastolo con le accuse di omicidio e di distruzione di cadavere
La Corte di 
Cassazione a Roma Nelle scorse ore 
è stato depositato 
il 
ricorso dei legali di Giacomo 
Bozzoli
La Corte di Cassazione a Roma Nelle scorse ore è stato depositato il ricorso dei legali di Giacomo Bozzoli
La Corte di 
Cassazione a Roma Nelle scorse ore 
è stato depositato 
il 
ricorso dei legali di Giacomo 
Bozzoli
La Corte di Cassazione a Roma Nelle scorse ore è stato depositato il ricorso dei legali di Giacomo Bozzoli

Sono passati otto anni e mezzo e per quello che è passato alle cronache come «il delitto del forno di Marcheno», è arrivato il tempo della Cassazione. Non c’è una data per il semplice motivo che il ricorso è stato depositato ieri dai difensori di Giacomo Bozzoli, condannato in primo e secondo grado all’ergastolo per la morte dello zio Mario Bozzoli. Era l’otto ottobre 2015 quando Mario Bozzoli scomparve, di lui non si seppe più nulla. Giacomo Bozzoli, che si è sempre proclamato innocente, è stato condannato con le accuse di omicidio e di distruzione di cadavere.

Nullità delle sentenze


Nel ricorso alla Suprema Corte, 145 pagine con 38 allegati, i difensori, gli avvocati Luigi Frattini e il professor Franco Coppi hanno evidenziato una ventina tra temi principali e sub temi. Viene rimarcata, com’era avvenuto in occasione dell’appello, la nullità della sentenza. Allora era stato per la sentenza di primo grado, ora è per entrambe le pronunce. Nullità, ribadiscono i difensori, perché la condanna è per un fatto diverso da quello contestato.

Quindi: «La mancanza totale di motivazione nella sentenza relativamente all’ipotetico accordo tra Giacomo e Oscar Maggi» non essendo mai stato detto «dove e quando Giacomo avrebbe convinto Maggi». Una lacuna, sostengono i legali, la cui «spiegazione viene annunciata, ma poi non ce n’è traccia». Un altro dei nodi centrali nel ricorso è il «travisamento totale della prova» e qui si fa riferimento all’esperimento giudiziale e quanto contenuto nell’atto d’appello. I difensori in vista del secondo grado chiedevano «dove sono finiti i resti del corpo bruciato nel forno» e la risposta, era stata: «non ci sono stati resti».

Ma «l’esperimento giudiziale con il maialino a Provaglio ha provato il contrario». E questo anche per l’odore di carne bruciata che è stato «avvertito, a differenza di quanto sostenuto dall’accusa». A tutto ciò, si aggiunge «l’inutilizzabilità del contenuto delle deposizioni di Maggi e Abu che sono stati sentiti senza l’assistenza legale dovuta». Nei dieci sub motivi si rileva che «la sentenza d’appello fa ricorso constante a presunzione di secondo grado, cosa che non può avvenire». Una sentenza scrivono i difensori «manifestamente illogica».

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