Sandrini liberato
in Siria, in Italia
rischia l’arresto

di Paolo Cittadini
Alessandro Sandrini
Alessandro Sandrini
Alessandro Sandrini
Alessandro Sandrini

Dopo quasi tre anni è rientrato in Italia Alessandro Sandrini, il 34enne di Folzano scomparso nell’autunno di tre anni fa mentre stava trascorrendo una vacanza ad Adana, importante città turca al confine con la Siria. Un aereo lo ha riportato in Italia e una volta sbarcato a Ciampino è stato preso in consegno dai magistrati della procura di Roma che sulla sua scomparsa avevano aperto un fascicolo per sequestro di persona con finalità di terrorismo. La notizia della sua liberazione è arrivata a metà pomeriggio grazie a un comunicato del Governo di salvezza nazionale, il braccio politico di Hayat Tahrir Sham, la più influente milizia qaedista della zona di Idlib, una delle zone più instabili della Siria. Lì, secondo i miliziani anti-Assad, era prigioniero il 34enne tenuto in ostaggio da una «banda di criminali» che lo aveva rapito a scopo di riscatto. Nel comunicato non si fa riferimento al pagamento di un riscatto, mentre alcune indiscrezioni raccontano che la liberazione sia arrivata al termine di un conflitto a fuoco a cui avrebbero partecipato anche uomini russi e italiani. Di Alessandro Sandrini si erano perse le tracce nell’autunno del 2016. Il 3 ottobre di tre anni fa era arrivato ad Adana e dopo una settimana avrebbe dovuto fare ritorno in Italia. Sul volo che avrebbe dovuto riportarlo a casa non è però mai salito.

 

«SONO STATO catturato in Turchia- ha raccontato il 34enne nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Bab al-Hawa, nel nord della Siria, subito dopo la sua liberazione - Era sera ed ero per strada. In un momento mi sono perso: non sapevo più da che parte fosse l’hotel. Ho girato per le strade di Adana. A un tratto, mi sono sentito mettere qualcosa sul volto. Sono stato, credo, drogato. Mi sono addormentato e mi sono risvegliato in una stanza con due persone incappucciate e armate». Del suo rapimento si venne a conoscenza solo l’anno successivo. Poi, dopo quattro telefonate alla madre avvenute nel corso di diversi mesi, nel luglio 2018 venne pubblicato in internet un drammatico video nel quale Sandrini compariva con una tuta arancione sotto la minaccia di due uomini armati di Ak-47. «Chiedo all’Italia di aiutarmi, mi hanno detto che sono stufi, che mi uccideranno se la cosa non si risolve in tempi brevi», il suo drammatico appello. Da quel momento il silenzio rotto nelle scorse ore dal comunicato dell’ala siriana di Al Qaeda che ha rivendicato la sua liberazione. Sandrini dovrà raccontare parecchie cose ai magistrati romani che nelle prossime ore vorranno sentirlo.

 

PARE intanto al momento scongiurata l’ipotesi che il 34enne possa finire in carcere. Per la giustizia italiana è infatti un latitante. Su di lui pende una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Brescia su richiesta della procura per due rapine messe a segno con un complice (quest’ultimo già stato condannato in primo grado) pochi mesi prima di svanire nel nulla. Secondo la ricostruzione della procura di Brescia, e dei carabinieri della compagnia di Gardone Valtrompia, i due il 19 e il 24 maggio del 2016 presero di mira prima il negozio di articoli per la casa «Tigotà» bottino 537 euro, e quindi la tabaccheria «C'è di tutto» da dove portarono via 3.500 euro in contanti oltre a merce per altri 2.500 euro. È probabile che una volta terminati gli interrogatori con i pm romani per lui vengano disposti gli arresti domiciliari. Non è questa l’unica grana con la giustizia per il 34enne. Sandrini si trova a processo anche per ricettazione perché nel settembre del 2016 (poco prima di partire per la Turchia) avrebbe cercato di vendere a un negozio gestito da cinesi computer e tablet rubati nella notte del 30 agosto da un fast food di Desenzano. Sulle sue spalle pende anche un’altra vicenda processuale per una truffa informatica avvenuta nel gennaio del 2017 quando si sarebbe già trovato in mano ai rapitori. Secondo l'accusa avrebbe cercato di vendere attraverso un sito internet ad un albanese (che lo ha denunciato) una automobile per 2.500 euro facendosi accreditare sua una prepagata intestata a suo nome 200 euro.

 

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