il caso nazionale

Scuole chiuse per la fine del Ramadan: i presidi bresciani stanno con Mattarella

di Magda Biglia
Il caso dell'istituto scolastico di Pioltello commentato dai dirigenti scolastici bresciani abituati a percentuali alte di alunni di altre culture

«Al di là del singolo episodio di modesto rilievo, apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell'adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo». Parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La polemica

«Si è trattato di una decisione nata spontaneamente al nostro interno, sulla base di motivazioni coerenti con il diritto all'educazione e all'istruzione, con la Costituzione italiana». Parole del consiglio di istituto del Comprensivo statale di Pioltello, nel Milanese, al centro delle polemiche non ancora sopite, per la decisione di chiudere la scuola in occasione della festa finale del Ramadan, ricorrenza musulmana.

E da Brescia, dove casi del genere non si sono verificati, i colleghi del preside esprimono la loro solidarietà, in una città dove su 12mila iscritti al primo ciclo 4.500 sono di origine straniera, per oltre il 60 per cento di seconda generazione, quando non terza; in una provincia, dove, a macchia di leopardo, siamo al 20 per cento di presenze.

Il tetto di Salvini

«Dove da molti anni si lavora all’integrazione, al rispetto reciproco» dicono. Da un lato sta il discorso dell’autonomia, «non solo a voce», dall’altro il legame con il proprio contesto di cui assolutamente tenere conto, con i suoi rappresentanti negli organi collegiali. Del resto, anche se la legge già prevede che non si possa superare il 30 per cento di iscritti stranieri in una scuola, il 14 per cento delle scuole lombarde (il 20 alla primaria) va oltre il 50 per cento.

Come fare, secondo la proposta del ministro Salvini, a porre un tetto del 20 per cento di stranieri in classe? Alla Deledda di Chiesanuova, Ic Sud 2, si tocca la soglia dell’80 per cento di bambini, spesso nati a Brescia, con genitori non italiani. «L’unico problema è la mensa durante il digiuno - spiega la dirigente Adriana Rubagotti - alcuni alunni vanno a casa, altri rimangono senza mangiare. Non sono molti perché alla primaria sono per lo più esenti, almeno fino alla terza. Qualcuno non viene a scuola il giorno della festa, ma non ci sono vuoti. A Brescia ci sono molte nazionalità, non tutti seguono il Corano. Condividiamo le feste, anche a Natale si fa, c’è dialogo e coinvolgimento».

Presenze straniere

I crocifissi in genere nel Bresciano sono rimasti al loro posto, magari non si mettono nelle aule nuove; i presepi pure. Siamo al 38 per cento di iscritti di radici estere all’Est 1 dove l’anno scorso era stato deciso un sistema di sorveglianza per i piccoli che non entravano in mensa, quest’anno no, per i costi. Più facile che vadano a casa, come accade un po’ dappertutto, anche al Nord 1 «senza problemi», come spiega la preside Claudia Marchi.

«Le scuole in trincea andrebbero aiutate non criticate per tutto il gran lavoro che fanno. A scuola si deve unire, fare comunità, non turbare né dividere, sollevando polveroni» sottolinea il preside Gaetano Greco. «Le scuole agiscono in relazione al loro territorio», dice anche Sergio Ziveri che pure all’Est 3 non ha dati rilevanti. «Sarebbe meglio dare sostegni invece che ispezioni» dichiara Giovanni Pasini, vicepreside al Centro 3, dove è stato deliberato che gli osservanti del Ramadan possano tornare a casa durante la mensa, anche se è tempo scuola. «Ogni territorio ha le sue caratteristiche e le scuole hanno tre giorni da gestire in autonomia- ribadisce Ersilia Conte, dirigente al Levi di Sarezzo e reggente all’Ic di Adro. A Lumezzane, ad esempio è tradizione chiudere il giorno di Santa Lucia, e così si fa».

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