la crisi a est

Tra Russia e Ucraina a rischio per Brescia affari per 330 milioni

di Giuseppe Spatola
Le aziende del territorio temono serie ripercussioni sul fronte dell’export. E Coldiretti lancia allarme sul mais: «Stalle in ginocchio per i prezzi alti»

La crisi russo-ucraina rischia di costare alle casse degli imprenditori bresciani circa 330 milioni di euro di export: 271 verso Mosca e 57 dirottati su Kiev (dati Confindustria al 2020) oltre a 120 milioni totali di importazioni (74 dall’Ucraina e 46 dalla Russia). Come dire che per gli imprenditori occorrerebbe a tutti i costi evitare che si ripeta quanto avvenuto con il precedente conflitto russo-ucraino, scoppiato nel 2014 con la crisi di Crimea, che ha provocato pesanti effetti economici di lungo periodo per le imprese bresciane e lombarde che operano a cavallo dei due Paesi.

In quel periodo tra i prodotti più venduti dalle imprese in Russia la diminuzione è stata pesantissima per la moda (-43,4%) seguita dai macchinari (-26,7%). Il rischio è che ora si ripeta un ulteriore stop alle nostre esportazioni in Russia dove, nel 2021, tra gennaio e settembre si è venduto per 223 milioni con una crescita dell'1,6% rispetto al 2020, ma ancora inferiore rispetto ai livelli pre-pandemia del 2019. «Tra i prodotti italiani più apprezzati a Mosca - ha spiegato Confartigianato - ci sono macchinari e apparecchiature: nel 2021 ne abbiamo esportati il 27,9% del made in Italy in Russia».

A livello nazionale seguono la moda per 1.346 milioni di euro (17,5% del totale del nostro export in Russia), i prodotti chimici per 720 milioni di euro (9,4%), i beni alimentari e bevande per 635 milioni di euro (8,3%). Non solo. Anche una importante fetta del mondo agricolo è messo a rischio dalla crisi.

Mentre crollano le borse, volano i prezzi delle materie prime a cominciare dal mais destinato all’alimentazione del bestiame, che ha raggiunto il valore massimo da sette mesi, fino al petrolio, al gas e al grano le cui quotazioni sono balzate del 2% in un solo giorno. L’analisi è della Coldiretti alla chiusura del mercato future della borsa merci di Chicago, che rappresenta il punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole che si trovano da mesi già su valori record del decennio. Un aumento che ha rilevanti conseguenze anche per i bresciani, con l'Ucraina che è il secondo fornitore di mais destinato all’alimentazione del bestiame nelle stalle con una quota di poco superiore al 20%, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.

«La situazione- ha spiegato Ettore Prandini, presidente Coldiretti - sta innescando un nuovo cortocircuito sul sistema che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri».

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