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Gianni Buzzi: «Voglio creare qualcosa di diverso. Uscire dagli schemi è una necessità»

di Giada Ferrari
L'artista del legno lavora a Mompiano. Entriamo nel suo mondo, tra geometrie ed emozioni
Nel suo atelier La carriera di Gianni Buzzi  è stata sempre legata al legno: ora si ritrova libero  di esprimere tutta  la sua creatività
Nel suo atelier La carriera di Gianni Buzzi è stata sempre legata al legno: ora si ritrova libero di esprimere tutta la sua creatività
Nel suo atelier La carriera di Gianni Buzzi  è stata sempre legata al legno: ora si ritrova libero  di esprimere tutta  la sua creatività
Nel suo atelier La carriera di Gianni Buzzi è stata sempre legata al legno: ora si ritrova libero di esprimere tutta la sua creatività

Profumo di legno e essenze che intersecano le diverse cromie, dalle tonalità chiare e naturali alle sfumature più scure e ricche. Entrare nel laboratorio di Gianni Buzzi, classe 1948 e artista del legno, a Mompiano, trasporta in un mondo di geometrie, natura ed emozioni.

Come è nata la passione per il legno?
Ho sempre lavorato sul legno, mio padre e mio fratello sono falegnami tradizionali. È nella bottega paterna che ho imparato il mestiere: la lavorazione del legno, ma soprattutto l’amore per la materia prima. Ho imparato a fare mobili in stile, classici, ma ho voluto venirne fuori e fare la mia classe, diciamo.

Cosa significa?
Possiamo dire che non ho mai ricevuto un consenso da quelli che avevo vicino. Dal momento che dicevano che valevo poco, ho cercato valore dentro di me. Nel 1974 sono andato via di casa.

Insomma, voleva imparare e fare di più?
Si, ero ansioso di scoprire cosa ancora potevo imparare, perciò ho lavorato in realtà artigiane più avanzate. Ho aperto anche un’azienda di arredamento. Cercavo la novità, ma non ero comunque soddisfatto, quindi nel 1978 ho pensato di crearmi un percorso personale iniziando un’attività di restauro. Da lì ho poi iniziato a sperimentare le nuove tecnologie, ho aperto un’attività per la produzione di attrezzature commerciali. Credevo che lo studio per l’industrializzazione del prodotto potesse soddisfare la mia sete di novità e dare sfogo alla creatività.

Ma nemmeno in questa occasione è rimasto soddisfatto?
No. Il mercato, o meglio il sistema, impongono limiti troppo stretti. Perciò nel 1999 mi sono staccato anche da questa realtà e dopo un paio di anni di crisi, mi sono riscoperto artista. Pian piano ho trovato soluzioni interessanti nella lavorazione del legno, con essenze pure esotiche ed europee, un percorso che mi ha portato all'arte con sculture dinamiche concettuali. Ora nelle mie opere c’è il falegname, l’ebanista e la lavorazione liberatoria, cioè con i ritagli di più lavorazioni, eseguo a getto, accantonando la tecnica e creo opere che escono dalla tradizione.

Ha mai studiato in un’accademia?
No, l’insegnamento che ho avuto deriva dall'ambiente con cui ho lavorato.

Parlava di amore per la materia prima: per questo sceglie essenze pure?
Certo. Ci sono l'ebano, il palissandro, lo zebrano, il wenge, ma ancora acero, noce, ciliegio. Colori diversi, consistenze diverse, che mi permettono di creare, geometrie e poi oggetti. Ma attenzione non uso l’olio per lucidare il legno, perché altera il colore, solo cera neutra.

Qual è la tecnica che le permette di creare le sue opere?
Io vengo dalla cultura dell’intarsio, cioè l'applicazione di legno pregiato su legno povero. Con il legno, con l'essenza, io vado dentro alla terza dimensione, vado oltre. E una volta fatto l'oggetto, se io lo taglio a fette, ripeto la dinamica della figura, quindi è sempre uguale; se invece lo taglio in diagonale, lo deformo. E il bello è che ho una continuità di logica anche diagonale, viene perfetta.

Quindi nella sua arte intreccia le essenze?
Sì, ma d’altra parte cos'è il mondo? È pieno di tante cose varie, no? Perciò se io unisco colori diversi, ho un risultato diverso. È un lavoro di tecnica, ma mi sembra di capire anche di concetto ed emozione. Tutto ruota attorno al concetto. L’arte serve per trasmettere contenuti, è il percorso, è la via, è la percezione che uno traduce dentro di sé e la trasmette al mondo esterno. Si mette in pasto alle opinioni. Non è che sia tutto giusto, dopotutto cos'è che c'è di giusto nell’arte? L'arte deve essere la purezza, la bellezza. La bellezza salva il mondo.

E la bellezza dove la trova?
Bisogna trovarla dentro di te e non dentro le istituzioni.

Mentre l’idea da dove nasce?
L'idea è di fare qualcosa di diverso. Ma parte anche dalla voglia di uscire dallo schema, uscire dal confine. La voglia di esistere anche perché è quello che serve per dare la tua impronta. Le regole del sistema non sono consone alla vera necessità dell'essere umano, al contempo e paradossalmente è l'essere umano ad aver creato il sistema.

Ha mai fatto delle mostre?
Pochissime. Ne ho fatta una alla fiera di Montichiari, e nel 2013 alla Freccia Rossa. Avevo allestito circa 60 metri lineari per sei mesi.

Qual è il processo creativo? Si parte dal disegno?
Soprattutto parte dall’ispirazione, devo dire che disegno poco, perché mi lascio andare alla materia. Geometrie e tecnica.

Quindi l'ispirazione arriva dalla quotidianità, mi sembra di capire, dalla sua esistenza pura?
Esatto. Un discorso è vivere e un altro è esistere, perché prima di vivere tu esisti come persona spirituale e se questo tu non lo riconosci dentro di te ti fai del male.

E il lavoro lo svolge tutto qui in laboratorio?
Qui assemblo e lucido. Il taglio e altri lavori più impegnativi li faccio in falegnameria. C’è un’opera particolarmente di concetto tra quelle presenti nel suo laboratorio? Il Pinocchio calciatore. La gestione del mondo politico e del mondo religioso è come il pallone di Pinocchio, quadrato. Cioè non ti arriva una notizia giusta e questo vuol dire che noi cittadini non siamo rispettati dalle istituzioni, qualsiasi esse siano, perché nel tempo anch'io ci ho creduto e poi ho visto comunque che siamo la mangiatoia dei poteri. Ecco bisogna ribellarsi, ribellarsi con buon senso, far capire che dentro di noi c'è un'anima, noi non siamo oggetti.

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