Il papà di Umberto: «Kassen libero? Non lo perdono»

di Luciano Scarpetta
I segni  lasciati sul gozzo dal violento impatto con il motoscafo Riva condotto da Patrick Kassen condannato in primo grado a quattro anni e mezzo
I segni lasciati sul gozzo dal violento impatto con il motoscafo Riva condotto da Patrick Kassen condannato in primo grado a quattro anni e mezzo
I segni  lasciati sul gozzo dal violento impatto con il motoscafo Riva condotto da Patrick Kassen condannato in primo grado a quattro anni e mezzo
I segni lasciati sul gozzo dal violento impatto con il motoscafo Riva condotto da Patrick Kassen condannato in primo grado a quattro anni e mezzo

Un vero fulmine a ciel sereno. Ha lasciato senza parole sulla riviera del lago di Garda il provvedimento datato 18 luglio, con il quale il Tribunale di Brescia ha disposto il ritorno in libertà di Patrick Kassen, il manager tedesco condannato il 21 marzo scorso (al termine del processo di primo grado) a quattro anni e sei mesi per la morte di Nadia Nedrotti e Umberto Garzarella, i due giovani travolti da un motoscafo mentre si trovavano a boro di una piccola imbarcazione. Per lui allo stato attuale, rimane solo il divieto di dimora nelle tre province affacciate sul Garda, Brescia, Verona e Trento. Il 19 giugno 2021 in compagnia del connazionale Christian Teismann (condannato a due anni e undici mesi), Kassen era alla guida del motoscafo Riva finito addosso al gozzo in legno sul quale si trovavano i due ragazzi. L'incidente nautico avvenne in tarda serata nel golfo di Salò e i due giovani non ebbero scampo. Kassen ha scontato un paio di settimane di carcere (si costituì al Brennero dopo l’iniziale ritorno in Germania) e tredici mesi di domiciliari in provincia di Modena prima del ritorno in libertà. Libertà di cui ha sempre beneficiato il connazionale Teismann, il proprietario del Riva. «Non sapevo nulla del provvedimento preso dal Tribunale – spiega Enzo Garzarella, il padre di Umberto, raggiunto al telefono – ma francamente cambia poco. Mi sono tolto completamente da tutto: solo adesso mi sto rendendo conto di quello che è capitato ai ragazzi e non riesco ad accettarlo. Voglio restare con il mio dolore, provando a ritrovare scampoli di serenità. Negli ultimi giorni mi hanno contattato dei giornalisti tedeschi per realizzare un documentario ma ho declinato. Basta, non ne voglio più sapere di loro. È stata una disgrazia, ma non li posso perdonare. Kessen? Mai sentito: nemmeno una lettera di suo pugno. L’altro almeno umilmente è venuto un paio di volte: ho visto anche l’uomo. Adesso mi conforta la vicinanza della gente e quando torno al paese natale di Bagolino mi sento più tranquillo. Osservare il lago a Salò, fa riaffiorare i ricordi». La notizia ieri mattina è giunta sul promontorio di Toscolano Maderno spiazzando anche Nadia Stagnoli e Raffaele Nedrotti, i genitori di Greta. Hanno preferito non commentare la decisione del Tribunale. «Abbiamo tutti solo bisogno di tranquillità», afferma Paola, la zia di Nadia. «Tecnicamente non c’è molto da dire – afferma l’avvocato Caterina Braga, il legale della famiglia Nedrotti -: preferiamo leggere il provvedimento prima di rilasciare commenti». C’è invece molto rammarico nelle parole di Tatiana Tassi, protagonista con l’amica Rossana Seccabiani della petizione da oltre 134 mila firme lanciata la scorsa estate sulla piattaforma digitale change.org per equiparare l'omicidio nautico all'omicidio stradale. Lo scorso aprile in collaborazione con l’eurodeputata salodiana Stefania Zambelli, il cd con le firme era approdato a Roma sulla scrivania del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, poi il recente ribaltone politico e la caduta del Governo Draghi ha di fatto azzerato un anno di lavoro. «A settembre in ogni caso riproviamo a riannodare i fili del discorso – afferma Tatiana Tassi – non lasciamo cadere niente». Sulla decisione del Tribunale di rimettere in libertà Kassen, le sue considerazioni sono solo la punta dell’iceberg del rammarico di tutti. «Al peggio non c’è mai fine - osserva - Non si chiedeva vendetta nei confronti dei due tedeschi responsabili, ma almeno il giusto insegnamento per il futuro. Cosi invece da dove ricominciamo? Dal motoscafo arenatosi sempre di notte lo scorso mese sugli scogli dell’isola di Garda? Delusione incredibile, la solita storia all’italiana. Purtroppo, speriamo solo per ora, la legislazione è questa».•.

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