amarcord

Quando i cannoni della Breda sparavano alla Rocca di Manerba

di Alessandro Gatta
Sul Garda, negli anni '40, il «poligono» per collaudare pezzi d'artiglieria e mitragliatrici prodotte a Brescia. Il ricordo di Francesco Vezzola, 89 anni a settembre: «Ero un bambino, a quel tempo era uno spazio disabitato»
Tecnici e operai al lavoro al balipedio   Uno scatto che risale agli anni Quaranta. Sullo sfondo di vede la Rocca di Manerba del Garda e il Sasso
Tecnici e operai al lavoro al balipedio Uno scatto che risale agli anni Quaranta. Sullo sfondo di vede la Rocca di Manerba del Garda e il Sasso
Tecnici e operai al lavoro al balipedio   Uno scatto che risale agli anni Quaranta. Sullo sfondo di vede la Rocca di Manerba del Garda e il Sasso
Tecnici e operai al lavoro al balipedio Uno scatto che risale agli anni Quaranta. Sullo sfondo di vede la Rocca di Manerba del Garda e il Sasso

 Ottant’anni fa, anzi di più: quando a Manerba tuonavano i cannoni. Erano le armi pesanti e leggere prodotte dalla Sieb, la Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche, che dal 1924 aveva aperto stabilimenti anche a Brescia. Manerba era il luogo deputato al test degli armamenti: cannoni e mitragliatrici, fucili e munizioni. A partire dal Torchio e arrivando fino all’isola di San Biagio (o dei Conigli) era allestito un vasto balipedio, il poligono di tiro dove testare le armi: la cannonate hanno tuonato dal 1941 al 1944.

Nei ricordi di un bambino

C’è ancora chi se le ricorda, come Francesco Vezzola, 89 anni da compiere a settembre, che all’epoca abitava alla Pieve: «Vedevamo arrivare i camion da Brescia - racconta Vezzola - e sollevavano una gran polvere, perché al tempo le strade erano di ghiaia. Ero poco più di un bambino: con gli amici andavamo a vedere cannoni e mitragliatrici che dalla spiaggia sparavano verso il lago, dove c’era una specie di pallone rosso, forse un bersaglio, e verso il Sasso». Era un paesaggio molto diverso da quello odierno: i test si tenevano in ampi spazi verdi, disabitati e lontani da tutto e da tutti: «Dal porto Torchio fino all’isola di San Biagio era tutto dei Breda - ricorda ancora Vezzola -: era l’unico movimento, perché non c’era davvero niente, almeno finché non ha aperto il campeggio».

Il camping in questione è il San Biagio: aperto dagli anni ‘60, è oggi uno dei più noti del Garda. Si estende lungo la spiaggia per gran parte della penisola: all’interno anche una maestosa villa seicentesca, un tempo nota come Palazzo Belgioioso e oggi come Piccolo Castello, sede di un ristorante. Ai tempi delle «cannonate» era la foresteria che ospitava tecnici e operai: «Sparavano anche da lì», dice ancora Vezzola, uno dei pochi testimoni viventi (se non l’unico) di quegli anni. Poco lontano si staglia l’isola dei Conigli, divenuta famosa nel 2023 perché raggiungibile a piedi anche d’inverno (cosa rarissima) a causa della siccità. Anche sull’isola si sparava, eccome: di certo solo fucili e armi leggere, in quanto non ci sono resoconti ufficiali di cannonate isolane. Pare che a Manerba infatti non vi sia traccia documentale dell’attività della Breda: quello che c’era è sparito, forse distrutto dopo la guerra.

C’era una volta la Breda

Rimane però una preziosa testimonianza: in tutto 720 fotografie (una ventina quelle di Manerba) sul portale Lombardia Beni Culturali della Regione. Fanno parte dell’archivio storico della Breda Meccanica Bresciana, la denominazione assunta dalla fabbrica nel 1951: «L’attività di Ernesto Breda nel Bresciano – si legge sull’Enciclopedia Bresciana di Antonio Fappani – era iniziata nel settore minerario. Nel 1924 la Ernesto Breda dava vita a Brescia a uno stabilimento per la fabbricazione di armi automatiche di difesa come VI sezione della Sieb.

Lo stabilimento di Brescia assunse fino a 5.800 operai. Nel dopoguerra lo stabilimento continuò a fabbricare armi militari pesanti e leggere, poi per crisi susseguenti i lavoratori si ridussero a 700». Le due sedi a Brescia erano in via Cadorna e in via Lunga: quest’ultima ospita oggi la sezione elettronica della divisione Sistemi di Difesa del gruppo Leonardo, dove ancora si progettano torrette navali e armamenti aeronautici. Ma la storia della Breda prese il via già dal 1886, quando il capostipite Ernesto rilevò la società milanese Elvetica e costituì l’Accomodata semplice Ernesto Breda&C., che divenne Sieb nel 1899. La società finì in liquidazione nel 1994: il polo produttivo principale era a Sesto San Giovanni, dove c’erano ben 5 sezioni tra cui la Breda fucine (che negli anni ‘70 produceva torrette per carri armati). L’archivio storico Breda, nato su iniziativa operaia, è oggi custodito dalla Fondazione Isec, Istituto per la storia dell’età contemporanea, con sede proprio a Sesto: raccoglie anche le 150 mila schede dei dipendenti transitati nella storia del gruppo, 45 mila fotografie, centinaia fra modelli di manufatti, attrezzi e utensili.

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