Tav, il dilemma della stazione sul Garda

di Valentino Rodolfi

Sembrava un pio desiderio, un tentativo senza speranza, o una «boiata pazzesca», come l’aveva definita Legambiente. Ma eccola qua: la stazione della Tav sul Garda, a metà della futura tratta Brescia-Verona, è un’ipotesi concreta e ancora viva, ufficiale e nelle carte, precisamente a pagina 29 della delibera 42 del Cipe pubblicata in Gazzetta Ufficiale, progetto definitivo dell’alta velocità fra Brescia est e snodo di Verona. PRECISIAMO: la «stazioncina» non è fisicamente nel progetto. Ma il governo ha disposto uno studio di fattibilità che andrà concluso entro 1° di settembre, sulla proposta avanzata dalla Regione Lombardia, per realizzare una fermata intermedia dei treni veloci, da costruire (se mai sicostrirà) tra Desenzano e Pozzolengo (vicino al casello A4 di Sirmione, a San Martino) allo scopo di non tagliare fuori il Garda dal nuovo corridoio ferroviario. Bando allo ciance, ecco cosa è scritto in Gazzetta Ufficiale: «Il ministero delle Infrastrutture ha ritenuto di accogliere la richiesta concernente lo studio di un’ipotesi di inserimento di una fermata localizzata in corrispondenza della zona turistica del lago di Garda, prescrivendo la effettuazione di un apposito studio di fattibilità comprensivo dell’analisi costi benefici cui subordinare la scelta di inserimento della fermata tramite variante progettuale». Si farà? Non si farà? Vedremo. In entrambi i casi, la scelta finale avrà luci e ombre. SE NON SI FARÀ sarà tolto almeno in parte lo scopo di spendere 2 miliardi e 499 milioni, impegnare con i cantieri il territorio per 7 anni e 3 mesi (questi i tempi preventivati) espropriare immobili a circa mille soggetti tra famiglie e imprese, spazzare via 75 ettari di colture pregiate sull’area morenica (fra cui oltre 30 ettari di viti del Lugana Doc) per realizzare una nuova ferrovia veloce che dovrà però fermarsi, con questa stazione intermedia, ogni 30 chilometri. Oltre al consumo di territorio e all’impatto aggiuntivo che una struttura come una stazione comporta. Questa era l’obiezione opposta fin dall’inizio da Legambiente: «Che senso ha un’alta velocità con una fermata ogni 30 chilometri? E che senso ha una fermata a San Martino della Battaglia? Il tempo che si guadagna con l’alta velocità - aveva detto il responsabile trasporti di Legambiente Lombardia, Dario Balotta - si perderebbe con i trasbordi e con i collegamenti verso i centri e il lago». Dall’altro versante, scegliere di non fare la stazione significa mettere completamente fuorigioco il Garda (un bacino turistico da 25 milioni di presenze all’anno) non solo dai trasporti veloci, ma anche da quasi tutti i treni a lunga percorrenza. Il futuro modello di esercizio ferroviario (benchè provvisorio e ancora da confermare) allegato alla relazione di progetto, prevedeva che alle attuali stazioni di Desenzano e Peschiera, le «porte» ferroviarie del lago di Garda, con la Tav a pieno regime rimarranno dal 2025 solo 3 coppie al giorno di treni a lunga percorrenza, lasciando alla ferrovia storica un servizio fatto quasi esclusivamente di treni regionali. Con buona pace delle esigenze di un turismo internazionale. Con la stazione della Tav a San Martino, questo chiedeva la Regione, si sarebbero invece fermati qui almeno 20 treni veloci al giorno, anche se comunque «fuori mano» rispetto alle reali destinazioni turistiche. UN DILEMMA quasi insolubile (fare o non fare?), che richiederà fino a sei mesi per essere definitivamente sciolto. Ma come sarà, se mai sarà? Se si farà, giusto per trastullarsi un po’ con disegni e ghiribizzi, la stazione di San Martino potrebbe somigliare alla fermata inizialmente prevista per lo shunt di Montichiari, poi cestinato: non un mega «hub» urbano, ma una stazioncina «impresenziata - cioè senza personale, come si leggeva nella relazione di Italferr per Montichiari- grazie all’automazione degli impianti. Il fabbricato avrà una parte centrale come sala d’attesa per l’accesso alla doppia banchina con 4 binari lunga 200 metri con 50 di pensilina, e due zone laterali con ristoro, edicola e tabacchi». Lo stretto necessario per non far perdere il treno al Garda. Dove i cantieri del primo lotto dei lavori, con la firma del contratto con CepavDue, sembra imminente. Senza che ancora si sappia dove fermeranno i treni. •

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