le reazioni

Il caso fa discutere: «Uomini, chiedere aiuto è importante»

L'avvocata: «Misure restrittive per tutelare i minori». I papà separati: «Bigenitorialità sempre da garantire»
Il papà viene portato in caserma sull’auto dei carabinieri
Il papà viene portato in caserma sull’auto dei carabinieri
Il papà viene portato in caserma sull’auto dei carabinieri
Il papà viene portato in caserma sull’auto dei carabinieri

«Garantire la bigenitorialità non è sempre la soluzione più adatta. Molte volte è necessario che i giudici abbiano il coraggio di prendere decisioni più incisive e di farlo per il bene del bambino o dei bambini. Non posso dare un giudizio su quanto avvenuto nelle ultime ore, perché non conosco a fondo il caso, ma se l’uomo era violento con la compagna dentro le quattro mura di casa, indirettamente lo era anche con il bambino che assisteva alle scene di violenza, psicologica o fisica che sia. E da questo rapimento ne uscirà sicuramente e ulteriormente traumatizzato: uno shock che poteva essere evitato, adottando misure ancora più restrittive».

È l’opinione di una delle avvocate del centro antiviolenza Casa delle Donne (che, considerata la delicatezza del caso, preferisce restare anonima), in merito alla vicenda accaduta tra Rodengo Saiano e Roncadelle, con il rapimento di un bimbo di 4 anni e il sequestro da parte del padre per quasi un giorno. Una vicenda terminata con la liberazione dopo ore di trattative.

«Negli uomini regna a volte, in questi casi, un forte sentimento di frustrazione. Sono convinti che le limitazioni imposte nei rapporti con i loro figli siano un’ingiustizia, senza però tenere conto che hanno assistito alla violenza sulla mamma. Purtroppo non lo ritengono un problema, sono pochi quelli che prendono coscienza che la violenza, di qualsiasi natura essa sia, ha effetti sulla donna ma anche sui figli e sulla loro crescita - spiega Bruno Barbieri, presidente dell’associazione Cerchio degli Uomini di Brescia -. Se la violenza è psicologica non pensano di avere comportamenti sbagliati, perché non c’è la componente fisica. Quando invece questa componente è presente ritengono di essere stati provocati».

La presa di coscienza e la voglia di cambiare sono un traguardo difficile da raggiungere. «Sono in pochi a cercare aiuto, quando lo fanno è un gran bel passo verso un lungo cammino - specifica Barbieri -. Credo che azioni come queste abbiano proprio la finalità di smuovere una situazione in stallo e considerata appunto un’ingiustizia».

Un gesto dettato dalla disperazione, che non giustifica il padre in questione ma che non deve nemmeno condannarlo: è la posizione adottata invece da Bruno Capilupi, presidente dell’associazione Papà separati di Brescia. «Perché purtroppo il movente c’è e non è da sottovalutare - sottolinea -. Nei casi di separazione la vera criticità per gli uomini non è tanto la questione economica, che troppo spesso li riduce sul lastrico, ma è il non poter vedere più i figli. Si potrebbe evitare se venisse garantita la bigenitorialità, perché un bambino o una bambina hanno bisogno di entrambi i genitori, anche quando non sono più una coppia. In Italia il 30% dei papà perde ogni contatto con i figli, cosa che non accade negli altri Paesi d’Europa. E non parlo di situazioni con una disposizione di affido esclusivo: è negli affidi condivisi che non vengono rispettati gli accordi. Per questo l’Italia è stata condannata più volte dalla Corte europea per violazione del diritto alla bigenitorialità».

E, secondo Capilupi, ci sarebbe di più. «Molte denunce di violenza contro i propri compagni non sono fondate, ma prima di arrivare al termine dei processi passano anni. Anni in cui c’è un obbligato allontanamento e non è raro che, nei figli, qualcosa nel tempo si sfaldi e che non abbiano più voglia di ricostruire un rapporto con il proprio genitore. Perdendoli per sempre».•.

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