L’«altro» vino bresciano è un piacere esclusivo

Oltre 6 mila visitatori  hanno scoperto i «piccoli» produttori di vino bresciani  in vetrina a Piacenza
Oltre 6 mila visitatori hanno scoperto i «piccoli» produttori di vino bresciani in vetrina a Piacenza
Oltre 6 mila visitatori  hanno scoperto i «piccoli» produttori di vino bresciani  in vetrina a Piacenza
Oltre 6 mila visitatori hanno scoperto i «piccoli» produttori di vino bresciani in vetrina a Piacenza

Enrico Grazioli

PIACENZA

Piccolo è bello anzi, esclusivo. I trentadue produttori bresciani affiliati alla Federazione italiana vignaioli indipendenti, sono come un diamante solitario incastonato nel prezioso diadema del comparto vitivinicolo della nostra provincia: lo notano e apprezzano i veri intenditori. Che sono in netta crescita.

ALMENO A GIUDICARE dal flusso di visitatori al Mercato dei vini di Piacenza, la mostra-mercato aperta alle aziende a più stretto contatto con le tradizioni. A tenere alta la bandiera di qualità del made in Brescia 14 vignaioli che seguono l’intera filiera produttiva, curando di persona ogni passaggio, dalla vigna alla bottiglia.

A Piacenza il consumatore ha avuto l’opportunità di un contatto diretto con le persone che stanno dietro a un'etichetta, di assaggiare il vino ed eventualmente di comprarlo. Tra le oltre 2 mila etichette in vetrina, la Franciacorta ha proposto quelle di Bosio Cavalleri, Corte Fusia, Il Mosnel e San Cristoforo. Da Botticino è arrivata Noventa, da Capriano Lazzari, dalla Valcamonica Cantina Flonno, Togni Rebaioli e l'agricola Vallecamonica. Il Garda è stato rappresentato da Cantrina, Pasini San Giovanni, Perla del Garda e Zatti. «In questo contesto – osserva Bruno Dotti della San Cristoforo di Erbusco – non conta il business ma la passione: testiamo se l’entusiasmo con cui custodiamo e coltiviamo la campagna trova riscontro nei gusti della gente. E l’impressione è positiva: i consumatori sono sempre più competenti. Capiscono cioè che essere vignaioli come noi significa andare tra i filari, in cantina, a sboccare. La nostra è una realtà locale, il 10% va all'estero e il mercato della Fivi è un appuntamento diverso dagli altri ed è sempre una bella vetrina».

IL CLIMA È MOLTO diverso dalle grandi vetrine. «Viste le adesioni e la filosofia delle aziende – osserva Davide Lazzari – è la fiera preferita dell'anno. Ci sono tutti vignaioli, piccoli produttori che lavorano per interpretare la propria terra e per migliorare, il legame con la terra è fondamentale per i vignaioli Fivi». Però la mostra-mercato è pur sempre una buona occasione per farsi conoscere come nel caso della piccole cantine della Valcamonica.

«Nel nostro territorio ci conoscono - spiega Sandro Sorteni di Cantina Flonno che su 1,7 ettari produce 7-8mila bottiglie -, ma fuori si fatica. Il mercato è una sfida per stare al fianco di realtà più consolidate e con più storia. Per noi la soddisfazione più grande è rivedere qualcuno tornare».

LA FAMA NON MANCA a Enrico Togni Rebaioli. La sua cantina con 3 ettari di terreno da quest'anno si fregia della chiocciola di Slow Wine, ma è il primo a togliere l'attuale aurea moderna di chi fa vino. «Quello del produttore – ammette – è un falso mito: tutti pensano che facciamo la bella vita in vigna. Invece siamo tutti sporchi di zolfo e rinunciamo alle feste e ai fine settimana. La vendemmia è l'atto più mediatico, ma il meno importante: è solo un atto meccanico. Conta quello fatto prima e quello che si farà dopo. Essere qua è importante, non tanto per l'esserci a vendere, ma per dare ancora più importanza alla Federazione».

La Fivi, accredita dal ministero delle Politiche agricole, sta creando un sistema virtuoso. Zatti di Calvagese, con un solo ettaro a conversione biologica, è tra le realtà più piccole. «Per essere vignaioli ci vuole tanta passione – spiega il giovane Andrea Zatti – ma per noi è un secondo lavoro. Facciamo tutto noi e questo è il primo anno al mercato della Fivi, siamo qua perché ci sono solo vignaioli e siamo tutti alla pari, siamo venuti per fare conoscenze e soprattutto imparare».

Di ben altre dimensioni la Pasini San Giovanni di Puegnago con 36 ettari per 300mila bottiglie. «Tra i vignaioli – commenta Sara Pasini – siamo tra quelli un po' più grandi, ma restiamo un'azienda famigliare e artigianale. Questa per noi non è la manifestazione per vendere il vino, è però importante essere qua per condividere con altri la passione e l'attenzione, interagire e fare gruppo».

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