IL DELITTO DI PALAZZOLO

«Mootaz mi ha lasciato i figli senza mai tradire emozioni»

di Giancarlo Chiari
«Mia moglie è scappata da casa: tienimi i bimbi mentre la cerco» Ma stando agli inquirenti aveva appena massacrato Daniela Bani
Alessandro Corti abita a Palazzolo
Alessandro Corti abita a Palazzolo
Alessandro Corti abita a Palazzolo
Alessandro Corti abita a Palazzolo

È stato probabilmente l'ultima persona di Palazzolo a guardare negli occhi Chaambi Mootaz prima che fuggisse in Tunisia. Parlando con lui non ha tradito la minima emozione eppure, secondo gli inquirenti, aveva appena ucciso la moglie con ventuno coltellate.
ANCHE PER QUESTO motivo Alessandro Corti non si dà pace. A lui il tunisino 33enne, unico indagato per la morte della 30enne Daniela Bani, ha affidato i due figli piccoli nel primo pomeriggio di lunedì, chiedendogli di prendersene cura per qualche ora. Ma Chaambi Mootaz non è più tornato a riprendere dall'amico i piccoli Youssef di otto anni e Yen di quattro. Corti è ancora sconvolto.
«Mi sembra tutto così incredibile, assurdo e atroce - racconta il 49enne -. Io e Mosè, così chiamavamo Mootaz sul lavoro, eravamo molto amici. Con mia moglie frequentavamo la sua famiglia illuminata da quei bambini splendidi».
Alessandro Corti ripercorre con la memoria quel «maledetto» lunedì.
«Ero a casa da solo, quando verso l'una del pomeriggio Chaanbi si è presentato con i bambini - racconta -: mi ha chiesto se poteva lasciarmeli per qualche ora. Era tranquillo». Eppure, stando ai sospetti degli inquirenti, il nord africano aveva appeno reso orfani i suoi figli.
«MI DISSE che doveva andare a cercare la moglie perché era scappata - prosegue Corti -. Due o tre giorni prima mi aveva confidato che forse Daniela voleva lasciarlo per un altro: io, che sto vivendo la fine di un matrimonio durato tredici anni, gli spiegai che era meglio lasciarla andare, perché non ha senso fermare una donna che non vuole tornare libera. Mi rispose che aveva paura che non gli lasciasse più vedere i figli».
Corti poi torna con il pensiero al pomeriggio di lunedì, riannodando i fili di un fresco ricordo.
«VERSO LE 17,30 è arrivata la prima telefonata per informarmi che sarebbe tornato a prendere i figli alle 19,30 - svela l'amico di Mootaz -: mi ha chiesto come stavano i figli, sul momento mi è sembrata una domanda banale, ora mi mette i brividi. Gli risposi che erano tranquilli: avevano giocato al pallone, fatto merenda e guardato la televisione». Alle 20, Corti ha ricevuto la seconda telefonata. «La sua voce non tradiva nulla di strano - spiega -: mi disse solo di accompagnare i figli dalla nonna perché aveva ancora degli impegni. Poi ha sentito Youssef piangere e mi ha chiesto di passarglielo. Lo ha pregato di stare buono, promettendogli che gli avrebbe portato un regalo, poi ha parlato anche con Yen e dopo la telefonata i bimbi erano allegri. Si sono preparati in macchina per andare dai nonni. Erano felici, mi hanno raccontato che papà aveva detto che li avrebbe portati in Tunisia a far visita alla nonna che non stava bene. Erano contenti perché avrebbero preso l'aereo».
L'INCUBO È INIZIATO pochi minuti dopo nella casa dei genitori di Daniela Bani. «Eravamo arrivati da qualche minuto nell'abitazione dei nonni dei bambini quando Chaambi mi ha richiamato chiedendomi dove fossero i figli - racconta Corti -: ho risposto che eravamo appena arrivati, e gli ho passato la suocera. Da allora non l'ho più sentito».
L'amico scuote più volte la testa. «Eravamo più amici che colleghi di lavoro. Io e mia moglie lo abbiamo aiutato fin troppo - sottolinea con amarezza -. Sapevo che non andava d'accordo con i suoceri, ma aveva tutto: lavoro, patente e una famiglia. Ha tradito la nostra amicizia, usandomi».

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